Messina, 7 dicembre 2018 – Comunicato sindacato ISA
È con questa citazione di Edmund Burke che desideriamo aprire questa nostra riflessione. Non ce ne voglia nessuno , non siamo accademici, siamo lavoratori. Scriviamo in qualità di Segretari Provinciali di una sigla sindacale ISA nata dalla cosiddetta base e, in tale, ci gloriamo di restare. L’aver scelto di essere ANCHE sindacalisti, non ci ha fatto dimenticare la nostra appartenenza professionale. Non ci ha distratti. Non ci ha montati. Non ci ha modificati. Lavoratori tra lavoratori in un settore, IL SOCIALE, che in pochi mesi, ha visto trasformarsi la propria essenza passando da ghost a star. Facile fare star con il lavoro altrui.
Rappresentiamo lavoratori arruolati da anni tra le fila delle società per azioni che, ancor oggi, inopinatamente, ci si ostina a definire “ cooperative”. Mai nome fu così inappropriato poiché del suo originario significato, hanno conservato soltanto il titolo. Sarebbe opportuno definirle società e, in taluni casi, associazioni di dubbia natura. Vero, ne siamo consapevoli, non occorre fare di tutta l’erba un fascio e chiediamo scusa a coloro che, in qualche modo, possono sentirsi toccati dalle parole ma rafforziamo la nostra idea di fondo : siamo lavoratori del sociale messinese vale a dire abituati a parlare con la pancia e alla pancia della gente. Noi le cose le sentiamo prima e le sentiamo forti e segnano la nostra pelle, il nostro futuro, condizionano le nostre scelte e, qualche volta, ci impediscono di sognare. Vi è poco o quasi nulla di cooperativistico in quel mondo che, ad oggi, qualcuno caparbiamente difende ma molto , forse troppo, di società verticistiche e gerarchiche in cui il potere che viene dalla nostra forza lavoro, è gestito in modo oligarchico e secondo precisi “interessi di putìa” , banniatori del nulla. SI, è vero: non si può negare che, da qualche anno, i Servizi Sociali sono, in larga misura, affidati ad una “Cooperativa” pagante ma, dato il tasso di malcontento tangibile in modo orizzontale e molto meno in quello verticale, significa che qualcosa, qualche equilibrio è divenuto un disequilibrio.
Lavoriamo nel sociale dal 1988, anno in cui il deserto sociale cittadino si è trasformato in servizi alla persona. Non è un caso se l’ultima famigerata rilevazione dei bisogni sociali risale proprio a quegli anni. Non è un caso se, da quell’anno, NOI LAVORATORI abbiamo fatto, nel bene e nel male, la storia del lavoro di cura verso le categorie più fragili senza mai venir meno alle nostre responsabilità ,lavorando con la medesima intensità sia in tempi in cui lo stipendio veniva corrisposto mensilmente che in altri in cui, ci si ricordava di noi con uno stipendio ogni nove mesi. Siamo rimasti fedele al nostro mandato professionale anche quando, con il Commissario Croce, ci fu imposta la chiusura . Noi eravamo là. Dov’erano i dotti, i luminari, gli esperti in quei momenti ? Non ricordiamo di averne mai incrociato uno eccetto nel periodo elettorale in cui il nostro bisogno diveniva strumento di affermazione politica e personale di chi, di noi, si è servito per costruire carriere e megaville. Ecco, noi, lavoratori dei Servizi Sociali appaltati alle Cooperative, non possiamo permetterci neanche un mutuo.
Leggiamo in giornali e siti on line il dictat secondo cui, in questi mesi, non si è sentito parlare di utenza ma solo di lavoratori. Non siamo dotti ma , ci sia consentito dire, che non spettava a quei tavoli parlare di utenza. Di essa se ne parlerà attraverso l’analisi e la mappatura dei bisogni territoriali. Nei tavoli tecnici occorreva parlare di coloro che rendono possibile un servizio sociale : i lavoratori. Ci sia consentito aggiunger che, parlar di utenza, prescindendo dal tessuto territoriale in cui essa è inserita, significa comprare mobili prima di costruire la casa.
Ci colpisce e non poco, sentir parlare di noi anche da chi, anni fa, ha ricoperto ruolo istituzionale in seno alla Città e sa benissimo quale sia l’humus del settore cooperativistico. Servizi affidati a caporali di giornata scelti giammai per competenze ma per meriti medievali meritati con precisi atti di giuramento e devozione al padrone. Abbiamo assistito in questi anni e con l’assoluta complicità di tutti, politica e organizzazioni sindacali, a varie cerimonie di investiture con leziosi cavalier serventi , liutai di corte capaci di emettere suoni con note ricavate da un pentagramma la cui chiave di violino non era certo la famosa e amata utenza di cui, adesso, in tanti si gloriano, bensì l’interesse del “dominus” a cui tutto il comparto doveva essere asservito e se qualcuno osava contrastare, veniva tacciato di infedeltà e sottoposto al processo da parte di fatiscenti consigli di amministrazione. Potremmo enunciarvi gli atti posti in essere ma ne elenchiamo soltanto alcuni : scatti di anzianità non riconosciuti, malattia non pagata, busta paga firmata con un importo e corresponsione di altro importo durante la malattia, tablet con inserimento del geolocalizzatore da consegnare al lavoratore che doveva portare con sé come fosse un braccialetto elettronico per sottoposti a misura di custodia cautelare alternativa alla detenzione. Tutte cose che noi, come Sindacato ISA abbiamo denunciato e per i quali abbiamo ottenuto anche intervento da parte dell’Ispettorato del Lavoro.
Pensate, davvero, che ancora noi dovremmo volere il sistema cooperativistico ? Disquisite sulla 328. Bene. Siete a conoscenza che l’ultima tranche di lavoro finanziato a valere su fondi 328 è terminata il 31 gennaio 2018 ed altra a Marzo 2018 e non si ravvede ombra di altra pianificazione? Abbiamo lavoratori che, dal prossimo mese, non percepiranno più indennità di disoccupazione. Pensate davvero che costoro non sono già utenza ?
Un po’ di rispetto, signori, per il nostro aver firmato e festeggiato la nascita dell’Agenzia Messina Social City. Noi non abbiamo fatto atto di giuramento verso il Sindaco De Luca perché ci ha promesso un futuro roseo. Siamo rimasti al tavolo, abbiamo firmato senza mai abbassare al guardia su quelli che sono i diritti inalienabili di ciascun lavoratore. Lo abbiamo fatto in scienza e coscienza perché abbiamo scelto la speranza. Siamo consapevoli dei vulnus presenti. Siamo consapevoli che l’Agenzia non è uno strumento perfetto ma perfettibile ma siamo anche consapevoli che il Sindaco non ci avrebbe condotto in una valle oscura senza aver accertato la strada da intraprendere. Ha dato forza e forma alla nostra speranza coinvolgendo , sua sponte, anche noi sindacalisti di base alla costruzione di ciò che, vi piaccia o no, costituisce la nuova era del Servizio Sociale. Il cambiamento è nei fatti e non nelle parole.
Noi non possiamo che prendere le dovute distanze da chi, adesso, si erge a paladino nostro e dell’utenza che noi rappresentiamo e di cui siamo gelosi perché non consentiamo che si parli di essi dietro una tastiera, non consentiamo che si parli di utenza senza comprendere cosa significhi seguire il processo di aiuto e di cura di una persona anziana, disabile, minore , rifugiato, clochard che ci viene affidato. Quotidianamente, con quelle persone, ci siamo noi. Così come noi, non osiamo salire in cattedra desideriamo che medesimo rispetto sia riservato a noi lavoratori e alla nostra professionalità. Stucchevole la polemica venuta a crearsi.
Aver acceso i riflettori sul settore cooperativistico ha messo in luce che noi non siamo figli di un Dio minore né accattoni sociali. Tra noi ci sono precise competenze frutto di studi, sacrifici, impegni e lavoro.
Ci auguriamo che la nascitura mappatura territoriale venga espletata tenendo in debito conto due dimensioni : il target group dei fruitori dei servizi ma anche quello dei lavoratori che, mai come adesso, si sente partecipe di un cambiamento. Parlare di noi come risorse e non come zavorre, ci restituisce dignità.