22 agosto – di Giuseppe Bevacqua
George Pell, l’uomo che è stato condannato in due gradi di giudizio per molestie ed abusi sessuali su minori, due coristi di 13 anni, è anche lo stesso uomo che è stato il ministro delle finanze di Papa Francesco. Colui che ha ricoperto ruoli importanti in seno alla Santa Chiesa Vaticana e che rappresenta il più alto prelato australiano, il rappresentante del Papa in terra di Australia, è anche lo stesso che nella seconda metà degli anni ’90, nella Cattedrale di San Patrizio a Melbourne, secondo quanto accertato dalla magistratura in primo grado ed in appello, avrebbe avuto un comportamento lascivo e pedofilo nei confronti di due bambini appena tredicenni che vedevano in lui e nella sua tonaca la rappresentazione della religione cattolica, un esempio da seguire. Così come per i loro genitori.
Ieri il verdetto in appello per George Pell: conferma della sua colpevolezza. Colpevole, così in primo come in secondo grado, ovvero nei due livelli di giustizia processuale che sono demandati all’indagine ed all’accertamento della presupposto innocenza o colpevolezza.
“Il cardinale Pell è ovviamente deluso per la decisione di oggi” recita il comunicato stampa del portavoce del prete condannato per la seconda volta. E delusi rimangono anche coloro che credono ed auspicano una Chiesa Cattolica trasparente ed in linea con la fede e la morale che “insegna“: così Pell non dovrebbe continuare a vestire la tonaca. Se quell’abito talare ha il significato che la fede in Gesù Cristo dichiara, se Papa Francesco non ha il coraggio di togliergliela di dosso, dichiarando che “il cardinale ha diritto alla Alta Corte di Giustizia“, se George Pell si ritiene davvero innocente come dichiara ed ha a cuore la giustizia pura e la morale della fede, dovrebbe allora essere lo stesso George Pell a lasciare la confortevolezza ipocrita del suo status e togliersi di dosso la tonaca, smacchiandola così di quanto l’ha intrisa. Solo così può avere senso quella “vicinanza della Santa Sede alle vittime di abusi sessuali” dichiarata ieri dal Vaticano in nome di Francesco. Così come, ancora di più, può aver significato sincero e non ipocrita e davvero coraggioso, quell’impegno che il Papa dichiara di voler perpetrare “perseguendo i membri del clero che siano responsabili” di tali nefandezze.
Ma se quell’abito talare rimarrà addosso al signor George Pell, peraltro già assicurato alla Giustizia, se anche nelle note stampa il Vaticano continuerà a definirlo “cardinale”, allora ogni parola, ogni nota, ogni “vicinanza” ed “impegno” resterà vuota ipocrisia e mancanza di coraggio.