Tutto nasce dalla locandina dei “Giochi senza barriere” proposti dal Comune di Messina nella Giornata Internazionale odierna dell’Autismo. Un’immagine, quella del puzzle, e un colore il blu, non graditi e non rappresentativi per chi conosce l’autismo ed per chi ne è protagonista suo malgrado. Lo spiega Giovanna Nones poprio sotto il post social del Comune di Messina, con il fine di fare finalmente chiarezza “perché senza consapevolezza è assurdo parlare d’inclusione”.
“Comune di Messina – scrive la Nones – prima di dedicare “settimane blu”forse sarebbe meglio informarsi. Senza consapevolezza è assurdo parlare d’inclusione. “Nei prossimi giorni sarà un tripudio di blu e pezzi di puzzle, quindi forse vale la pena spiegare perché molte persone autistiche (e non solo), non amano la simbologia del puzzle:
1. A detta di tanti, la simbologia del puzzle, rimanda all’infanzia. Ma si è autistici sempre, anche divenuti adulti. NO, non si scompare nel nulla compiuto il 18° anno di età. Gli autistici adulti (con disabilità e senza), vengono spesso infantilizzati, ci si rivolge a loro come verso a dei bambini a qualsiasi età. Da persona di 46 anni, genitore di 3 figli e con quasi tutti i capelli bianchi, mi capita spesso che si rivolgano a me come ad una ragazzina. Questo potrebbe anche farmi sentire più giovane e in genere mi fa sentire a mio agio perché diminuisce la distanza tra me e il mio interlocutore, ma se ad un’intera platea che sta lì insieme a me, viene dato del lei, la cosa stona un po’.
2. È impressione di molti che il puzzle sottintenda incompletezza, qualcosa di rotto da aggiustare, un enigma insondabile. Qualcuno potrà pensare “uh che esagerati!”, ma i simboli come le parole, sono importanti. Possono contribuire a creare stigma e a sviluppare una cattiva idea di sé.
3. È una rappresentazione pietistica dell’autismo. Storicamente infatti, all’interno della tessera del puzzle, era rappresentato un bambino in lacrime per mostrare come l’autismo fosse una tragedia di cui i bambini (in primis), soffrono. Usare simboli che rimandano alla sofferenza, degli autistici o dei loro genitori, non fa sentire bene. Si potrebbe pensare, soprattutto proprio da bambini, che il proprio modo di essere sia causa di sofferenza per le persone che si amano. È un fardello troppo pesante da portare per chiunque, più che mai per un bambin@.
4. Il puzzle (in vari modi), è usato come logo da associazioni che hanno una visione patologizzante dell’autismo. Le prime campagne di sensibilizzazione infatti, sono state modellate sulle campagne di sensibilizzazione messe in campo per malattie come il cancro. Si partiva dal presupposto che fosse una malattia da curare, dando voce a idee molto negative sull’autismo. Non preoccupandosi di come queste avrebbero potuto essere recepite dagli stessi autistici di ogni età. Il blu inoltre, era usato per indicare la prevalenza di autismo nei maschi o che fosse comunque più “marcato” nei maschi.
5. Non è stato scelto dalle stesse persone che vorrebbe rappresentare e ognuno ha il diritto di scegliere la simbologia più aderente a sé. Sono tante inoltre le persone autistiche che vi ravvisano dei cattivi significati.
6. Quindi è comprensibile che ravvisandovi dei significati non proprio positivi, essendo anche storicamente accostato ad una narrazione negativa dell’autismo, in tanti non amino il pezzo di puzzle o il blu. Nessuno vorrebbe mai essere associato a qualcosa di negativo, ma preferiremmo essere accostati a simboli dal significato positivo. Uno di questi, ad esempio, è il simbolo dell’infinito con i colori dell’arcobaleno: Simbolo della Neurodiversità.
7. Un altro simbolo scelto spesso dalle persone autistiche, è l’oro. Rappresentato nella tavola periodica degli elementi chimici con “Au” iniziale di Autismo, rimanda a quanto di prezioso puoi trovare se ti prendi il tempo e hai voglia di capire.
8. Il rosso: il colore più lontano dal blu, per volersi allontanare il più possibile da quella narrazione.”