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Messina Social City e long list: Calabrò “I nomi della task force”, la Asquini “risponderà”. In Commissione pochi comprendono che “l’acqua si fa bollente”

- 23/03/2023
calabro asquini

Ne parliamo dopo ben 2 giorni della commissione comunale che ha visto protagonista la dottoressa Valeria Asquini in qualità di presidente della Messina Social City chiamata a fare chiarezza sulla questione delle graudatorie. Abbiamo preso il tempo della riflessione. Il tempo necessario a fare il punto di passaggi e dialoghi per certi versi e per certe espressioni e per alcune risate nervose, tra momenti di scoramento evidente, che preoccupano sul reale spessore del problema “Long List”. Ecco la cronistoria ma soprattutto la nostra analisi.

NESSUN CAPO COSPARSO DI CENERE. NIENTE SCUSE PER I LAVORATORI E PER GLI ASSISTITI

Cosa emerge dalla commissione comunale che ha visto “ospite” la presidente della Messina Social City Valeria Asquini? Che nessuno si è cosparso il capo di cenere, nessuno ha chiesto scusa per la confusione innegabile generata da una long list provvisoria per ben sei mesi, che oggi produce un balletto di candidati che entrano ed escono dalla graduatoria definitiva, nonostante siano già stati inseriti, e di altri che rientrano anche senza la necessaria esperienza sul campo. Alla faccia del “bagaglio esperenziale” che l’ex sindaco De Luca voleva mantenere.

Un sistema “raffazzonato“, quello delle graudatorie, come lo ha definito il consigliere Libero Gioveni di Fratelli d’Italia, una “superficialità ed una confusione che un amministratore della cosa pubblica non può permettersi” come ha sottolineato il consigliere Felice Calabrò. Un metodo di selezione inappropriato che ha creato aspettative, dapprima confermate e poi drasticamente deluse a causa di controlli che tutt’ora sembrano avere falle profonde e che preoccupano non tutti i consiglieri ma apparentemente solo qualcuno dell’opposizione.

Anche se poi i bilanci che assegnano i fondi, tanti, “un pozzo di San Patrizio“, li approva il Consiglio Comunale ed in calce ci sarà il nome di certo di quelli di maggioranza. Una responsabilità che non è semplice da prendere se la linea di azione appare fumosa ed impossibile da penetrare nella sua strategia.

“UN POZZO DI SAN PATRIZIO” E LE PATETICHE FILIPPICHE

Ma, al netto delle anche patetiche e superficialissime filippiche, e dell’incredibile ringraziamento di un consigliere di essere stato “ragguagliato in questo momento dai colleghi sulla long list“, inopportuno visto che un consigliere componente della commissione servizi sociali dovrebbe essere a conoscenza della questione, dalla seduta di martedì è venuto fuori che agli interrogativi la Messina Social City ha risposto in modo non esaustivo. Non si conoscono i numeri degli eslcusi della prima long list e quelli di quella successiva al soccorso istruttorio, non si sa quanti resteranno fuori e che fine faranno. Non è chiaro se quella definitiva è composta da persone di esperienza e con i titoli in regola rispetto alle figure professionali richieste.

Cioè, per meglio dirla, visto che si parla di assistiti e non solo dei lavoratori, non si cha certezza neanche le esperienze ed i titoli dei lavoratori che saranno confermati.

Un punto quello degli assistiti che ha priorità, come ha ben ricordato la consigliera Milazzo. Unico punto condivisibile e puntuale del suo intervento, per la verita. Tanto da causare lo sconcerto del povero Gioveni: “Se si parla di bilanci da approvare o meno solo perché ‘corretti’ nei numeri e non anche per motivi politici, sarò costretto a chiamare Cateno De Luca per chiedergli se la sua proverbiale formazione politica è stata trasferita alla consigliera Milazzo. Mi viene la febbre con i brividi di freddo” ha concluso con una comprensibile per l’aula espressione dialettale.

E il punto torna, senza essere approfondito in sede di Commissione, ma rischia di esserlo in ben altre sedi, su quell’articolo 37 del CCNL con il quale sono stati fatti transitare i lavoratori delle Coop dei servizi sociali nella azienda speciale del Comune. Un sistema che appare ancora oggi inappropriato in termini di interpretazione ed applicazione al caso specifico.

LA SILENTE ASSESSORA, L’EMOZIONATA ASQUINI…E POI C’E’ FELICE CALABRO’

Innanzi ad una silente ma attenta assessora Alessandra Calafiore, che non ha mai perso di vista le labbra della Asquini e che quasi ne mimava le parole, si è consumata una scena madre che solo un consigliere e avvocato di esperienza come Felice Calabrò, PD, poteva gestire. Una tragica pantomima, seria e grave, caratterizzata da battute ed affondi chiari e diretti che sono stati colti ed incassati non sempre al meglio dalla Presidente di una Messina Social City senza direttore generale.

In questa azienda i direttori generali si dimettono continuamente” ha esordito Calabrò. Ed è verità. Come lo è il fatto che le frettolose dimissioni di Carmelo Sferro hanno visto come ultimo atto urgente “di salvaguardia” del sistema Social City la nomina di un vice direttore generale dell’ultima ora che oggi svolge funzioni superiori: quelle di direttore generale.

L’OSTICO LATINO PER QUEST’AULA DI CONSIGLIO COMUNALE E IL “FANTASMA” DEL DIRETTORE GENERALE

Cui prodest? Tanto per usare un latino ostico e forse incomprensibile, di certo inappropriato per l’odierna sala di Consiglio Comunale. A chi serve? Per tradurla ad alcuni consiglieri che potrebbero non comprendere. A chi serve che la Messina Social City rimanga senza direttore generale visto che non è stato possibile svolgere una sola commissione in presenza della carica operativa e gestionale più importante dell’azienda speciale in un momento di tempesta come questa che rischia di divenire giudiziaria? E si perché, come ha ben detto Felice Calabrò, se oggi ci si chiede che fine hanno fatto i tanti soldi assegnati alla Messina Social City grazie ai fondi europei, verrà il momento in cui si dovrà fare il rendiconto a chi i fondi li ha assegnati: all’Unione Europea, e non basteranno i giri di parole per convincere che è “tutto a posto”.

DI NUOVO IL “POZZO DI SAN PATRIZIO” E IL RENDICONTO ALL’UE “SENZA LA PREVITI”

I consiglieri di esperienza come Gioveni, Calabrò e Carbone sanno che quel momento arriverà, “e senza l’assessore Previti non so come si farà” ha detto Calabrò, che ha poi chiesto energicamente che “i verbali delle due sedute di commissione (febbraio e marzo ndr.) vengano inviati in Procura”. Insomma l’aria è pesante e l’acqua si sta surriscaldando ma le “rane” che, in commissione ed in Consiglio, se ne sono accorte e che sono pronte a saltare fuori dalla pentola sono davvero poche . Le altre verranno probabilmente bollite.

Un ultimo punto sul quale si è registrata la migliore interpretazione da avvocato del consigliere Felice Calabrò, tra ironia e fermezza, è quello della “Task Force” che sta analizzando i titoli di coloro che, al netto del soccorso istruttorio, potranno essere inseriti nella graudatori finale dopo ben sei mesi di long list provvisoria, “a chi dobbiamo fare ridere” ha detto Calabrò; “è meglio che non lo facciamo sapere a nessuno perché ci ridono in faccia. Ah.. ma c’è lo streaming della seduta. Ormai è fatta…” ha detto ancora sornione.

CALABRO’ “LEI ASQUINI MI RICORDA ME A SCUOLA QUANDO NON ERO PREPARATO ALLE INTERROGAZIONI…”

La “task force”, quindi. Calabrò ne ha chiesto alla Asquini i nomi e le qualifiche di coloro che ne fanno parte. Imbeccato anche da un altro consigliere, Mirko Cantello, che chiedeva chiarimenti se all’interno di questo gruppo ci fossero persone prima escluse e poi inserite nuovamente in graduatoria. Componenti della graduatoria che analizzano i titoli di altri componenti…

I nomi, dottoressa Asquini” ha più volte ribadito Calabrò. E la Asquini ha per più volte iniziato a rispondere sul tema: “Sono dipendenti che hanno i titoli per farne parte…” ma senza mai fare quiei nomi e indicare quali qualifiche.

Impagabile la conclusione di Calabrò: “Lei, dottoressa Asquini mi ricorda me a scuola. Quando non ero sufficientemente preparato, alle interrogazioni rispondevo alle domande iniziando da lontano rispetto al tema. Un trucchetto che mi permetteva di parlare senza rispondere direttamente alla domanda specifica. Ma questo un amministratore della cosa pubblica non può permetterselo.

Quindi l’affondo, “I nomi dottoressa, e le qualifiche. Mi aspetto che lei produca una relazione con i nomi e cognomi, che a questo punto voglio sapere. Perché dalle risposte e dagli interventi ho capito che c’è qualcosa che non mi convince“.

Ed in ultimo di nuovo l’ostico latino, ma con traduzione allegata da Calabrò a beneficio di chi non ne sa e non ne può sapere: “Excusatio non petita, accusatio manifesta. Che vuol dire che avevo chiesto qualcosa di diverso ma tutto quello che è stato detto mostra qualcosa che deve essere, a questo punto, approfondita“.

Cr0naca di una seduta che rischia di diventare presto cronaca giudiziaria.