Le questioni della sanità pubblica in Provincia di Messina sono emerse con straordinaria evidenza negli incontri svolti in questi giorni. Eolie, Naso, Floresta, Mistretta, Castel di Lucio, Pettineo sono queste alcune delle tappe di un viaggio tra le comunità delle isole e delle aree interne nel quale, però, trovano conferma tutte le criticità che riguardano il reale esercizio del diritto alla salute.
La sanità per tutti, perno della nostra Costituzione, è, nei fatti una chimera.
Sul nostro territorio è complicato partorire e nascere in sicurezza, essere curati, specie in condizioni di emergenza e rischio imminente.
Occorre cambiare paradigma, proporre, come abbiamo fatto in un recente incontro, stimolato insieme all’Amministrazione Comunale di Lipari, con Ministero della Salute e Dipartimento Regionale alla Sanità, un approccio che preveda la piena considerazione delle condizioni geomorfologiche e ambientali delle comunità. Si utilizzino i fondi del PNRR, con il pieno coinvolgimento dei Comuni, per costruire un ponte tra l’attuale precaria condizione della rete sanitaria e del sistema emergenza urgenza.
Il 118 va riorganizzato, a partire dalle professionalità già presenti sul campo, immaginando sistemi organizzativi virtuosi e sottraendolo a quelle becere logiche gestionali che, nei fatti, stanno smantellando un servizio decisivo per la vita delle persone.
Sulla rete sanitaria è inaccettabile un approccio numerico ed economicistico alla salute di persone in carne ed ossa che rischiano la vita, anche per banali incidenti. Come è inaccettabile far ricadere sul personale medico ed infermieristico responsabilità che sono organizzative e di visione politica della sanità.
Occorre costruire deroghe alla Legge Balduzzi e al D.M. 70/2015, a tutela di pazienti e lavoratori.
Lo abbiamo detto sui punti nascita, ma può valere anche per altri servizi essenziali, si contino le prestazioni sulle professionalità e non sulle strutture. Cioè si valorizzi il lavoro di un’equipe medica e sanitaria che operi anche su più presidi contemporaneamente, lavorando di più e quindi migliorandosi sul campo. Così si sposterebbe l’equipe e non i pazienti, che rischiano di morire in autostrada come è capitato. Ci sarà qualche primario in meno, ma avremo una sanità realmente a servizio delle persone e delle comunità.
Il punto è proprio questo e appare indiscutibile: in Sicilia, peggio che altrove, la sanità è schiava di logiche che nulla hanno a che vedere con l’interesse generale. La politica ha invaso la sanità pubblica non valorizzando il merito o scelte strategiche che tutelino il diritto alla salute per tutte e tutti ma sostenendo sistemi di potere politico-elettorale-clientelare.
In quest’ottica, il dibattito che si sta animando in questi giorni sul reparto di Fibrosi Cistica del Policlinico di Messina è surreale. Una struttura, punto di riferimento per pazienti e loro familiari di tutto il Mezzogiorno d’Italia, rischia di essere smantellata per ragioni che nulla hanno a che vedere con i risultati prodotti dal centro. Siamo di fronte ad una eccellenza in termini di cura e di supporto alla ricerca e in termini di sostegno, non solo medico ma anche relazionale ed umano, ai soggetti malati e alle loro famiglie di cui è stata testimonianza l’assemblea dell’Associazione Volontari contro la fibrosi cistica di Messina, svolta sabato scorso.
È fondamentale che l’Università e l’Assessorato Regionale alla Sanità smentiscano immediatamente, con i fatti e non a parole, le voci che stanno preoccupando non poco i pazienti e le loro famiglie e, al contrario, si dia seguito all’autonomia organizzativa e gestionale del reparto come proposto in passato dal management del Policlinico.
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