AGI – Lo straniero arrestato con l’accusa di violenza sessuale, Sekou Souware, 27 anni da compiere in dicembre nato a Macente in Guinea, era sbarcato in Italia, sulle coste siciliane, nel gennaio 2014. Secondo quanto si apprende, dopo essere stato trasferito a Gorizia, dove formalizza la richiesta di protezione internazionale, il 25 maggio 2014, la Commissione territoriale per il riconoscimento della protezione internazionale di Trieste concede allo straniero il rilascio di un permesso di soggiorno per motivi umanitari. Il 28 luglio dello stesso anno, il giovane richiede presso l’ufficio immigrazione di Reggio Emilia il rilascio di un permesso di soggiorno per motivi umanitari, che poi rinnova nel 2015 e 2017.
Il 7 maggio 2019 richiede il rinnovo del permesso di soggiorno senza però mai ritirarlo. Il 12 aprile scorso sempre presso gli uffici di Reggio Emilia reitera l’istanza di protezione internazionale e contestualmente gli viene rilasciato un permesso di soggiorno come richiedente asilo che scadra’ il 20 ottobre 2022.
La Commissione territoriale per il riconoscimento della protezione internazionale di Trieste, il 20 giugno scorso, decide di non riconoscere la protezione internazionale. E ieri la decisione della commissione è stata notificata all’indagato presso il carcere di Piacenza.
Nel provvedimento di convalida dell’arresto il giudice fa riferimento al video e alle dichiarazioni del cittadino che ha ripreso la presunta violenza per confermare la presenza di “gravi indizi di colpevolezza” a carico dell’indagato. Inoltre, stando a quanto appreso dall’AGI, il magistrato convalida l’arresto anche per la presenza del pericolo di fuga e di quello di reiterazione del reato. “La sua condotta rende del tutto versomile che, se lasciato libero, possa contattare la parte offesa per intimidirla” prosegue il magistrato. L’uomo sarebbe stato “del tutto incurante anche davanti alla grida e alle invocazioni di aiuto” della vittima. Il giudice evidenzia “l’estrema gravità dei fatti”.
Senza quel video oggi contestato e divenuto strumento politico sarebbe stato difficile individuare l’autore dello stupro e far luce sui fatti. Resta da capire perché chi ha fatto il video ha pensato a chiamare i soccorsi piuttosto che intervenire personalmente, ma prima ancora ha provveduto a pubblicare le immagini.
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