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Dalle auto ai jeans, le vittime della guerra commerciale

- Economia, Esteri
13/03/2025

Pollo e Harley nel mirino Ue

Lo schiaffo di Bruxelles si farà sentire fino alle roccaforti repubblicane, in Louisiana, Nebraska e Kansas.

Sarà un ritorno al passato, ma con misure ancora più dure. L’Europa entra nella guerra commerciale con Donald Trump sfoderando contromisure progressive per colpire economia e politica americana dove fa più male. Un piano chirurgico che colpisce ancora una volta le iconiche Harley Davidson e il celebre bourbon, gli yacht di lusso e anche soia e pollame per toccare un controvalore complessivo di 22,5 miliardi di euro.
    È una cifra con cui la squadra di Ursula von der Leyen ambisce a pareggiare i conti del colpo inferto dalla sovrattassa del 25% sull’acciaio e l’alluminio made in Europe annunciata dalla Casa Bianca ed estesa anche ai derivati – dai macchinari industriali agli aghi da cucito -, capace di mettere in ginocchio anche l’automotive continentale già schiacciato dalla transizione green.

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Il primo atto della ritorsione Ue si consumerà allo scoccare del primo aprile, quando Bruxelles rialzerà le barricate ripristinando senza sconti i dazi sui beni americani sfoderati ai tempi della prima amministrazione Trump: un pacchetto da 232 misure che tornerà a colpire i simboli a stelle e strisce per un valore di 4,5 miliardi, pur ridotto rispetto ai di 6,4 miliardi di otto anni fa nella nuova era post-Brexit e a causa del calo degli scambi transatlantici. Due settimane più tardi, il 13 aprile, la controffensiva continentale – frutto del lavoro avviato già dalla scorsa estate negli uffici della direzione generale commercio per mano di quella che è stata ormai soprannominata la Trump task force – sarà ben più pesante: un affondo da 18 miliardi di euro (in calo di 3 miliardi rispetto al passato) su una vasta lista di prodotti americani selezionati con precisione. Un elenco sul quale – oltre alla carne, dai tacchini con peso superiore ai 185 grammi alle salsicce di fegato, passando per i tagli bovini disossati di Kansas e Nebraska e la soia orgoglio della Louisiana feudo dello speaker fedelissimo del tycoon Mike Johnson – spiccano yogurt, derivati del latte, ginger, curry. E poi, ancora, beni industriali come stufe, forni, congelatori e tosaerba, prodotti da bagno come shampoo e dentifrici, e il legname cuore dell’industria manifatturiera e vanto di Georgia, Virginia e Alabama.

Tutti prodotti per i quali Palazzo Berlaymont ritiene di poter fare a meno del made in Usa puntando su valide alternative interne. La soia, per esempio, viene importata anche dal Canada e dalla Gran Bretagna. E anche per le Harley il Vecchio Continente può contare su modelli di due ruote all’altezza da Germania, Italia e Francia. Una strategia volta a compensare le perdite causate dai dazi di Trump su acciaio e alluminio – che colpiscono duramente i settori chiave dell’industria penalizzando prodotti semilavorati e finiti come tubi in acciaio, fili e fogli di stagno ed estendendosi anche a utensili da cucina o infissi, macchinari, attrezzature da palestra ed elettrodomestici – destinati, nelle minacce di Washington, ad ampliarsi nel prossimo futuro fino a toccare anche l’agroalimentare europeo.
La risposta finale di Bruxelles, prodotto su prodotto, sarà tuttavia formalizzata soltanto dopo un ultimo confronto con i Paesi membri chiamati a ufficializzare il loro verdetto a maggioranza qualificata con un voto sul quale pesano i diversi interessi nazionali e dagli esiti non ancora scontati.

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