Eppure la Messina social city con i suoi oltre 1.300 dipendenti è un colosso in termini di spesa per stipendi e per costi. Ma a favore di chi? Il “modello” De Luca è, dati alla mano, fallito miseramente.
Messina non brilla, neanche per spesa sociale. Eppure proprio il 16 gennaio scorso il Sindaco Basile e con lui assessore al ramo, Alessandra Calafiore e la presidente della Messina social city Valeria Asquini, raccontavano all’unisono di “un welfare che con la MSC sta rivoluzionando lo stesso concetto di welfare” e che “ha riportato risultati eccezionali!“.
I dati però li smentiscono, tutti e tre, clamorosamente: Messina è 98esima per spesa sociale su 107 province in Italia ed è altrettanto clamorosamente ultima in Sicilia. Lo dichiarano i dati mostrati oggi in conferenza stampa in uno studio della CGIL di Messina curato dalla segretaria confederale Stefani Radici. “Se in Sicilia la spesa sociale è di 90 euro a Messina non si spende più di 62 euro pro-capite. La media nazionale è invece oltre il doppio di quanto si spende a Messina: 142 euro”. Sono dati quelli riportati da Stefania Radici che ridimensionano nettamente la narrazione autoreferenziale della Messina Social City e dell’amministrazione Basile: Messina è ultima in Sicilia e 98esima in Italia. Insomma una debacle. Ancora peggio se si confrontano i dati con la spesa di Milazzo che pro capite spende ben 85 euro per i servizi sociali. Con un forte ritardo nel livello essenziale delle prestazioni.
Nel documento presentato oggi si legge: “In Italia il tasso di crescita della spesa sociale dal 2019 al 2021 è pari al 12,7%, passando da 126 euro pro-capite e 142 euro. Nella provincia di Messina, la spesa è cresciuta dell’11% passando da 56 euro pro-capite a 62 euro. Il tutto in un contesto che ha visto la popolazione ridursi da 613.887 a 603.229 abitanti”.
In dettaglio Messina destina la spesa per Famiglia e Minori con un valore di 158 euro, mentre la media nazionale è di 340 euro. Per i Distretti socio sanitari si registra una spesa pari a 116 euro, la più bassa in assoluto. Milazzo da sola ne destina invece 232 euro.
Nell’area disabili la spesa è di 819 euro pro capite mentre la media nazionale è di 1988 euro.
Nell’area Anziani, la spesa è pari a 38 euro pro-capite, in rapporto alla popolazione con età maggiore o uguale a 65 anni. La media nazionale è di 90 euro (80 su 107 province). Tra i DSS è alto il coefficiente di variazione tra Messina che spende 62 euro e Barcellona solo 5 euro. Questo nonostante la popolazione anziana sia in forte aumento soprattutto fuori dalla città capoluogo, e nonostante si tratti di una popolazione con una scarsa solidità economica (quasi il 30% non prende pensione e chi la prende supera a stento gli 800 euro in media).
Nell’area Povertà, la spesa è pari a 12 euro mentre la media nazionale è di 25 euro. Tra i DSS Milazzo spende 33 euro e Messina solo 2 euro. Noi spendiamo meno della metà della media nazionale per sostenere la popolazione della nostra provincia nonostante l’incidenza della povertà relativa e assoluta sia di gran lunga maggiore alla media nazionale”.
Ma il dato più critico è quello del numero di assistenti sociali che a Messina è di uno ogni 10 mila abitanti, mentre il livello essenziale ne prevede uno ogni 5 mila. Ciò determina che non vi sia contezza effettiva delle esigenze del territorio e che in molti vulnerabili rimangano senza aiuto.
Eppure la Messina social city con i suoi oltre 1.300 dipendenti è un colosso in termini di spesa per stipendi e per costi. Ma a favore di chi? Il “modello” De Luca è, dati alla mano, fallito miseramente.