Di questa storia sono rimasti due fatti: il processo per diffamazione a carico di chi si sarebbe macchiato per aver commentato negativamente, sui social, la decisione della commissione d’esame di aver negato il 100 alla candidata licenziata con un incredibile 99, e il ricorso al TAR vinto proprio dalla studentessa che ha visto finalmente assegnato il meritevole 100.
Peccato che il “100” in questione arriva dopo che la sua vita è stata cambiata da un 99 che non le ha permesso di proseguire nel suo piano di studi che avrebbe dovuto iniziare presso una prestigiosa università romana con tanto di borsa di studio a copertura. Il 99, invece, la costrinse a rimanere a Messina e ad iscriversi al locale ateneo. Un bivio che la ragazza, che oggi sta per laurearsi con merito, ha dovuto imboccare suo malgrado e che, al netto delle sue capacità dimostrate accademicamente, probabilmente potrebbe offrirle opportunità e una vita diversa rispetto a quella che poteva aprirsi per lei a Roma.
Tutto per un solo punto. Ed è su questo che si muove tutta la vicenda. Un solo punto che, visto l’encomiabile curriculum scolastico, ancora oggi i protagonisti della vicenda, tranne il professore che lo ha negato, si chiedono come e perché sia accaduto.
Ma torniamo al processo di appello in corso, visto che in primo grado, ben 12 persone sono state condannate per diffamazione a mezzo social nei confronti del docente. Oggi a seguito del ricorso si rivaluta la vicenda e a febbraio, dopo l’udienza tenutasi qualche giorno or sono, ce ne sarà un’altra che dovrà accertare se vi siano gli estremi per la conferma o meno della condanna, con alta richiesta di danni a carico dei dodici da parte della parte offesa.
Ma questa vicenda di parti offese ne mostra, evidentemente, due e solo per un voto in meno o in più, che però ha cambiato la vita ad una dei due protagonisti. Ne valeva la pena?
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