C’è un fenomeno di “disagio” che grava sui nostri giovani messinesi? Come accade in tutte le città d’Italia, anche qui a Messina, anzi più qui che altrove, oltre ogni soporosa narrazione di normalità e declamazione di efficacia dei servizi sociali, oltre ogni acquietante e sonnolenta diffusa convinzione, c’è l’ennesimo caso di aggressione, violenza cruda e “banale” tra adolescenti che, ragazze, se le danno di santa ragione per futili motivi.
Oltre ogni ipocrisia, che induce anche ad evitare di mostrare quel che accade, inducendo qualcuno a nascondersi dietro un piccolo dito, non pubblicando il video oscurato, c’è la realtà che circonda i nostri giovani e li soffoca mostrando quanto siano ormai avvelenati i valori come l’amicizia e la solidarietà.
Il “male” che trasuda dalle risate e da quei telefonini impugnati come telecamere brutali che si nutrono della violenza dell’atto di bullismo di due giovani contro la loro amica, mentre tutti guardano e si radunano in cerchio, come in un combattimento tra animali feroci contro un inerme agnello, è la somma di mancanze, dolori, disagi, irreversibili freddezze che si annidano quasi patologicamente in una gioventù che in casa non parla e fuori si sfoga.
Non servono, quindi, solo “più forze dell’ordine”.
Non serve più solo vigilare. L’affermazione è in sé un alibi peggiore del male che è sotto i nostri occhi. E’, piuttosto, necessario mobilitarsi, farsene carico, affinché si costruisca e si attivi una macchina in grado, prima ancora di ascoltare, di aprire un vaso di Pandora pieno di ansia e rabbia repressa. Un’unità di intenti che possa, solo dopo essere in grado di divellere il tappo accuratamente celato e chiuso del mal di essere e di vivere, capace di correttamente indirizzare verso fuori il male che avvelena i nostri giovani, trasformandola in urlo liberatorio. Solo così, il vomito di ira e disagio, potrà, poi, diventare dialogo che guarisce.
Servono psicologhi, insegnanti, genitori informati, serve sedersi affianco a figli, studenti, ragazzi che non vogliono ascoltare, avendo la consapevolezza del muro che si erge. Serve che si prenda coscienza che il problema c’è e che sta crescendo dentro una gioventù rubata dal lockdown del covid che oggi tira le somme del proprio isolamento forzato durante le fasi delicate della crescita, pagandone lo scotto in instabilità emotiva che diventa dolore apparentemente insensibile, distacco, rabbia e poi violenza. Serve aiutare il nostro futuro a sopravvivere.
E se fosse tutta una messinscena? Qualcuno se lo è chiesto guardando il video inviato alle redazione dai due consiglieri che denunciano. Se lo fosse non sminuirebbe il senso sconvolgente di quel che è accaduto, figlio di tempi che viaggiano su convincimenti, social e sintetici, che la “violenza” è normale. Violenza come “valore” che rende quanto mai urgente un intervento sociale concreto e non fittizio.