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In Sicilia poche donne in politica e cresce la mobilitazione

- 11/10/2024

La pressione delle donne e dell’associazionismo democratico sta costringendo quanto meno l’Assemblea regionale siciliana, governata da una maggioranza di centrodestra, a riflettere

AGI – Contro la tentazione della politica siciliana (specie, evidentemente, quella maschile) di “dimezzare” le donne nei posti di potere, cresce la mobilitazione. All’orizzonte la seduta del 15 ottobre dell’Assemblea regionale siciliana, dove i 70 deputati affronteranno ancora la discussione del ddl “Norme in materia di enti locali”. Contestata, fra le altre, quella che taglia di netto la quota minima fissata di presenza delle donne nelle Giunte comunali, dal 40 al 20 per cento.

La pressione delle donne e dell’associazionismo democratico sta costringendo quanto meno l’Assemblea regionale siciliana, governata da una maggioranza di centrodestra, a riflettere. E un ripensamento sembrerebbe nelle cose in direzione di una intesa sulla soglia del 40% come proposto anche dal Pd e come annunciato dal presidente della commissione Affari istituzionali, il Dc Ignazio Abbate, secondo cui l’accordo è cosa fatta. Ma la partita in Aula – con tutte le sue insidie, compreso il possibile ricorso al voto segreto – è un’altra cosa.

Così, in vista della seduta di Sala d’Ercole del 15, i fari vengono tenuti accesi. “Vedremo se, nei prossimi giorni, l’Ars farà marcia indietro in aula rispetto alla prevista norma – incalza Emilio Miceli, presidente del Centro Studi Pio la Torre – bisogna tenere alta la pressione per potere giungere a un risultato che esalti la civiltà di fronte all’arretramento culturale a cui assistiamo in questi giorni. La verità è che, alla base di tutto, c’è un’idea malsana della politica, del ruolo e degli spazi che le donne devono avere nella politica e nella società”.

Davanti a Palazzo dei Normanni saranno in tanti a spingere in direzione opposta, affinché le donne abbiamo eguali diritti nel governo della cosa pubblica, degli enti, all’interno delle istituzioni e delle aziende. L’obiettivo è bloccare, continua Miceli, “un atto estremo di difesa degli equilibri politici che da sempre hanno il segno dell’emarginazione delle donne. Antichi e mai superati equilibri politico-correntizi che, in tal modo, rischiano di non potere essere mantenuti”.

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