E’ degna di uno dei romanzi di Ken Follett quel che è successo davvero ad Hammamet a 11 italiani residenti in Tunisia. La cena con veleno sulla quale si stanno addensando i riflettori della stampa italiana ed estera e che stanno facendo letteralmente breccia nel muro di “no comment” delle prime ore, ha provocato un morto, un ex appartenente alle forze dell’ordine oggi in pensione.
Notizie ormai confermate riferiscono che tutti i partecipanti alla cena, rimasti intossicati da un liquore a base di noccioli di pesca, fossero appartenenti all’AISE, l’Agenzia informazioni sicurezza esterna della Repubblica Italiana, ed all’AISI, equivalente dell’AISE, ma applicata alla sicurezza interna. 007 italiani all’estero insomma, riuniti per una cena conviviale? Una cena che ha causato la morte di un messinese. Si tratta, come già scritto nell’immediatezza della notizia, di Giuseppe Maio, 62 anni, ex carabiniere da poco in pensione dopo aver prestato servizio per lungo tempo ad Alghero, in Sardegna.
Maio dopo la pensione sarebbe passato nelle file dell’AISE operando in Tunisia. Maio uno dei quattro rimasti vittima di quel liquore preparato con gli altamente tossici “ossi” di pesca macerati nell’alcol. Per conoscenza è bene sapere che la quantità massima tollerabile dell’amigdalina, la sostanza tossica all’interno dei semi di pesca, non può superare il contenuto di due o tre unità. Una volta ingerita l’amigdalina a contatto con i succhi gastrici si trasforma in acido cianidrico, cioè il veleno tipico delle spie, il cianuro.
Non si sa con quanti semi sia stata preparata la bevanda nocino dal proprietario della casa, I.S. ex poliziotto in pensione, nella quale si è tenuto il convivio con consorti al seguito. Anche perché quanto è rimasto del liquore, nell’immediatezza della “tragedia”, è inspiegabilmente sparito…
La cena dei veleni è collegabile, peraltro, ad un evento di cronaca di una certa rilevanza verificatosi proprio in Tunisia l’8 agosto scorso.
Si tratta dell’operazione ufficialmente conclusa da Interpol e dal Gico della Guardia di Finanza, in collaborazione con la Brigade Criminelle della polizia tunisina e che ha portato all’arresto di tale Angelo Salvatore Stracuzzi, 58 anni, imprenditore di Licata. L’imprenditore è stato arrestato dopo tre mesi di latitanza e sembra che all’operazione avesse partecipato, in modo secretato, anche più di uno dei convitati della cena al veleno.
Stracuzzi era ricercato dal maggio scorso, quando la Corte di Cassazione aveva confermato l’ordinanza di custodia cautelare emessa dal gip di Palermo, su richiesta della Direzione distrettuale antimafia (Dda) diretta dal procuratore Maurizio de Lucia. Le accuse a suo carico includono turbata libertà degli incanti ed estorsione, reati che sarebbero stati commessi nell’ambito di operazioni finanziarie mirate a favorire l’organizzazione mafiosa agrigentina. Nel 2013, Stracuzzi era sopravvissuto a un attentato sulla strada tra Licata e Riesi, in cui un commando aveva aperto il fuoco contro la sua auto. Dopo l’attacco, aveva iniziato a collaborare parzialmente con le forze dell’ordine, ma le sue dichiarazioni si erano rivelate finalizzate a coprire ulteriori attività illecite, ora oggetto di nuove indagini da parte della polizia economico-finanziaria di Palermo.
La cattura del superlatitante, la cena al veleno e anche l’incidente avvenuto nella stessa giornata ad un pulmino con 11 italiani a bordo: si tratta di dipendenti della Stellantis, l’azienda produttrice di automobili e che serve anche le forze armate di diversi Paesi. Coincidenze?
Sulla vicenda del liquore e dell’avvelenamento sta indagando il Copasir. Dall’autopsia, intanto, si apprende che Maio avrebbe bevuto un bicchierino tutto d’un sorso ed anche schiacciato tra i denti uno dei noccioli di pesca. Una dose di amigdalina, poi trasformatasi in cianuro nel suo stomaco, che gli è stata fatale.