L’importante è che la “storia” che si vuole spacciare NON sia completamente diversa da quella reale. Perché a voler strafare si perdono capre e cavoli.
di Giuseppe Bevacqua
La storia? Ogni fatto storico avrà sempre la sua versione. E la storia, appunto, insegna che di solito chi vuol imporre la propria visione, ha l’abitudine consolidata di edulcorarla usando l’arma della comunicazione provocando distrazione di massa.
Si chiama “fallacia dell’uomo di paglia”, e consiste nel sostituire l’argomento reale con uno fittizio e semplificato, in modo da evitare di affrontare il problema originale. Di certo più complesso e di maggior difficoltà di comprensione dell’uomo della strada. Per cui cosa c’è di meglio se non fornirgli una spiegazione cotta e mangiata della realtà che più conviene?
Ma è solo una delle tecniche utilizzate in comunicazione per raccontare “un’altra storia”, quasi completamente diversa da quella reale. L’importante è che la “storia” che si vuole spacciare NON sia completamente diversa da quella reale. Perché a voler strafare si perdono capre e cavoli.
Di argomenti “distraenti” a Messina ne abbiamo visti a iosa in questi ultimi sei anni. Ma anche di propinate pseudo incombenti gravità urgenti che venivano fatte apparire come insormontabili, per poi scoprire che, quasi miracolosamente, “bastava un uomo” affinché tutto si risolvesse. Ricordiamo di certo tutti quante volte l’odierno sindaco di Taormina, quando lo era a Messina, minacciò di dimettersi se non si faceva come lui “consigliava”? Oltre l’aspetto infantile dell’esempio, assimilabile a quella del bimbo che dichiara “il pallone è mio e si gioca come dico io”, c’è anche quello patologico di chi queste narrazioni le ascolta in modo acritico e le “beve” letteralmente come fosse acqua fresca. L’aspetto più grave.
Ma le edulcorazioni, le convenienti esemplificazioni, le ricostruzioni ad uso e consumo, enunciate con il favore dell’assenza del contraddittorio e senza un uditorio che sia informato e che abbia la voglia di esserlo, hanno sempre una scadenza naturale. Funziona come per le concentrazioni dei liquidi: tutte posseggono un massimo livello di saturazione, oltre il quale, lo zucchero che sta ingrassando la bevanda, improvvisamente si palesa dimostrando che l’acqua è amara e che se diventa dolce è solo perché qualcuno vi sta aggiungendo zucchero dannoso, così tanto da giungere ad una disgustosa soluzione satura. Così la “storia”, quella tra virgolette, diventa improvvisamente imbevibile. Adesso che lo zucchero aggiunto è, disgustosamente, visibile.
Così, mentre c’è chi parte dalla crisi climatica per giustificare scelte viabili non certo condivise e, peraltro neanche innovative, come la costruzione selvaggia di parcheggi che di interscambio hanno molto poco, di piste ciclabili immerse nello smog e nel traffico, con una rete idrica che dopo esposti “parchi progetti” inattuati, sempre per mancanza di altri, rimane con perdite di acqua che, dopo sei anni di gestione, sono ancora oltre il 50%, oggi ci consoliamo per lo studio condotto da A2A solo perché annovera Messina tra i casi studio relativamente all’illuminazione a LED e per il trasporto pubblico, che con i milioni arrivati in città è ovviamente quasi ben funzionante.
Anche questa è esempio di narrazione che racconta convenienti verità, con il compito di “distrarre” da ciò che non va.
Ma dopo sei anni. tra chi c’era prima e chi c’è oggi, i cittadini, per effetto di saturazione, cominciano a scorgere “lo zucchero” ed a tirare le somme della storia, quella vera, quella che, ogni giorno, è ormai drammaticamente sotto gli occhi di tutti. Ed è un’evidenza che diventa sempre più difficile da edulcorare, colorare, zuccherare. Sempre più quasi impossibile da raccontarla diversamente dal com’è. Nuda e cruda.
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