La fretta è cattiva consigliera e produce errori che possono diventare “orrori”. Così oggi la notizia dell’iscrizione nel registro degli indagati per otto persone tra le quali anche due funzionari del Comune di Messina, Massimo Potenzone e Placido Accolla, che, ahi loro, rappresentano l’eventuale responsabilità, la supposta colpa in vigilando, dell’intero Comune e dell’amministrazione. Il materiale, per il quale inizieranno domani gli accertamenti dell’Arpa, potrebbe essere amianto e cemento amianto, è situato non “in una parte non frequentata del parco” come qualcuno si era affrettato a dire e qualcun altro a scrivere, ma proprio nella sua parte centrale, quella dei cerchi concentrici, dove vi sono alcuni manufatti, otto sfiati che affiorano (ma per dare aria a cosa? C’è qualcosa nel sottosuolo che non sappiamo) che potrebbero, il condizionale è d’obbligo, essere stati realizzati in cemento amianto, un miscuglio pericolosissimo, soprattutto se lesionato, che si usava, irresponsabilmente, un cinquantennio fa.
Tra gli indagati, infatti, per atto dovuto, c’è anche chi rappresenta la proprietà dell’area, anche per ricordarci che il Comune ha investito milioni su un terreno che non gli appartiene. Si tratta del presidente dell’INGV Carlo Doglioni a cui appartiene l’area del Parco Aldo Moro.
Insomma, tra i residui ritrovati nella scarpata e gli sfiati affioranti, si innesta anche il disinteresse per rendere questa struttura, che poteva essere un fiore all’occhiello per l’amministrazione e per la città di Messina, anche a misura di coloro che sono portatori di difficoltà a deambulare, cittadini fragili portatori di diritti superiori e inviolabili come sancito dalle norme che regolano la realizzazione dei parchi e delle aree verdi cittadine. Per questo problema ormai divenuto, ovviamente, secondario, non c’è Procura che tenga, ma solo il peso morale che non aiuta Messina a disfarsi lo stigma di città non a misura di disabili.
Per non parlare della manutenzione delle aree verdi, soprattutto il prato, che necessitano di continua e regolare irrigazione in un momento in cui il direttore generale del Comune di Messina, parla di “desertificazione e crisi idrica”.
Ma si poteva evitare tutto questo? Si poteva evitare la chiusura con i sigilli del Parco Aldo Moro? Si poteva evitare di farsi lanciare addosso gli strali di chi, essendo portatore di disabilità, ha denunciato la violazione dei propri diritti di accesso e fruizione di una struttura pubblica? Si poteva evitare che il prato costituisse un problema di progettazione derivante dal tipo scelto e da un sistema di irrigazione insufficiente? Si poteva evitare che due funzionari del Comune si ritrovassero, loro malgrado, indagati per criticità tecniche che dovevano essere risolte a monte? Era possibile accorgersi che il terreno dove si stava realizzando il “fantastico” parco era interessato da rifiuti, frammenti e strutture che potrebbero essere intrise di fibre di amianto? Evidentemente si DOVEVA controllare e si doveva prevedere PRIMA di tagliare l’ennesimo nastro, PRIMA di aprire e rendere fruibile anche ai bambini una struttura che potrebbe, ribadiamo il condizionale in attesa dell’ARPA, essere cosparsa di amianto.
Ma le cronache del periodo di campagna elettorale per le Europee narrano di un sindaco entusiasta che mostra al candidato della lista LIBERTA’, quanto “l’amministrazione è stata brava” ad aprire il Parco Aldo Moro. Tanto “brava” da vederlo chiudere con i sigilli della Procura e con otto indagati.
E anche se l’ARPA dovesse decretare che quei frammenti e quegli sfiati non contengono amianto, speranza di tutti, il Parco NON dovrebbe riaprire se non prima reso accessibile e NON prima di aver trovato una soluzione per l’irrigazione di un prato che rischia di diventare un cattivo esempio per la città in piena crisi idrica. Da dove si prende l’acqua per irrigare il prato ed il verde del parco? Da dove sta arrivando in questi giorni di chiusura? Si parla di un serbatoio a San Licandro di acqua che però non sarebbe potabile né, probabilmente, pulita. La speranza è che la pezza, dopo aver (si spera) scongiurato l’amianto, non sia peggiore del buco.