AdnKronos – Fuori dalla sala operatoria di un ospedale pubblico italiano nel prossimo futuro potrebbe esserci un cartello con scritto: chiusa per carenza di chirurghi. “E’ uno scenario non improbabile quello che in alcune regioni nei prossimi anni si chiuderanno le sale operatorie – avverte con allarme Marco Scatizzi, presidente Acoi (Associazione chirurghi ospedalieri italiani), facendo il punto con l’Adnkronos Salute – Se in Liguria si sono iscritti alla Scuola di specializzazione in Chirurgia generale solo 4 laureati in Medicina, nei prossimi 5 anni la necessità di specialisti della regione, considerando i tanti colleghi che andranno in pensione, sarà molto più alta rispetto a 4 specializzandi. Questo scenario è riproducibile in tante altre regioni“.
IMPORTARE CHIRURGHI DA CUBA E ARGENTINA UNA SOLUZIONE?
In Sicilia e in Calabria si è scelto di ‘importare’ medici – anche chirurghi – dall’Argentina e da Cuba, rispettivamente. Nel futuro del Servizio sanitario nazionale avremo meno chirurghi italiani e più stranieri? “Mi pare che ci sia la chiara percezione che siano soluzioni tampone“, spiega Scatizzi. “In Europa ci sono realtà molto più appetibili dal punto di vista economico rispetto all’Italia” e quindi “il chirurgo argentino, una volta che avrà toccato con mano la realtà sanitaria italiana e le mille difficoltà, temo cambierà in breve tempo aria”.
L’Acoi organizzerà a Napoli, 12-15 maggio, il suo 42.esimo Congresso nazionale. “Noi abbiamo la funzione di sviluppare temi scientifici e suggerire le soluzioni che – rimarca Scatizzi – non devono essere improvvisate per dare alla politica l’alibi di aver risolto i problemi della sanità, come stiamo vedendo“. Una delle questioni ancora non risolte appieno è quella dello scudo penale per i medici. “Quello proposto – osserva il presidente dei chirurghi – si applica ad alcune specifiche fattispecie molto ristrette. La nostra commissione giuridica di Acoi ha espresso molti dubbi e stiamo valutando se impugnare la norma davanti la Corte Costituzionale proprio per la temporalità ristretta che prevede, visto che l’anno scorso quel dato fatto era punibile e oggi no lo è più. E’ necessaria su questa materia – prosegue – una più ampia riflessione e una riforma legislativa. Aspettiamo che la Commissione Nordio mandi la relazione al Parlamento, ma è davvero necessaria una riforma penale e civile per attenuare il contenzioso legale che sta diventando uno dei motivi più seri per cui un giovane laureato in Medicina non sceglie di fare il chirurgo“.
L’allarme per la mancanza di chirurghi è presente in altri Paesi europei, ma in Italia “è molto pesante – precisa Scatizzi – e si trascina da anni. Oggi vediamo solo le conseguenze. Se negli ultimi anni le borse di specializzazione in Chirurgia sono aumentate, c’è una preoccupante tendenza sul fatto che rimangano deserte. Qui il dato è allarmante, siamo passati dal 28% del 2022 al 56% del 2023. E’ una tendenza in costante aumento e fotografa il fatto che i giovani medici non scelgono più la chirurgia generale. Se a questo aggiungiamo che c’è anche una fuga dal Ssn, con colleghi che a 50 anni vanno via per andare a lavorare con maggiori sicurezze nel privato e chi va in pensione, si capisce bene che il futuro della chirurgia nella sanità pubblica è molto a rischio”, conclude il presidente Acoi.
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