I potenti clan della camorra napoletana si preoccupavano di far arrivare in carcere telefonini e droga. I primi servivano per tenere i contatti con l’esterno, e molto spesso per commettere anche altri reati. Con la distribuzione della droga i boss accrescevano il loro potere.
E i rifornimenti avvenivano con droni gestiti da una sorta di ‘service’ che aveva tariffe precise: mille euro per consegnare uno smartphone, 250 euro per un telefonino abilitato alle sole chiamate vocali e 7000 euro per mezzo chilo di droga.
Con due distinte indagini (che hanno portato complessivamente all’esecuzione di 31 misure cautelari) la Procura di Napoli ha fatto luce sulla ‘distribuzione’ di droga e telefoni in 19 carceri (Frosinone, Napoli – Secondigliano, Cosenza, Siracusa, Lanciano, Augusta, Catania, Terni, Rovigo, Caltanissetta, Roma-Rebibbia, Avellino, Trapani, Benevento, Melfi, Asti, Saluzzo, Viterbo e Sulmona) e sull’utilizzo di telefoni da parte di alcuni detenuti. Due inchieste che sono state illustrate oggi dal procuratore di Napoli, Nicola Gratteri, alla presenza degli uomini della Polizia di Stato, del Nic della Polizia penitenziaria e del Ros dei Carabinieri.
Coinvolti anche agenti penitenziari di Frosinone, Napoli – Secondigliano, Cosenza, Siracusa, Lanciano, Augusta, Catania, Terni, Rovigo, Caltanissetta, Roma-Rebibbia, Avellino, Trapani, Benevento, Melfi, Asti, Saluzzo, Viterbo e Sulmona.