E’ passato solo qualche giorno dall’operazione Nebrodi2 che ha posto nuovamente i riflettori sulla cosiddetta “Mafia dei Pascoli” mai sopita, mai vinta. Un sistema complesso e fondato su un sistema criminale e burocratico che, sfruttando anche la complicità di soggetti terzi, è riuscita a drenare ingenti importi e risorse all’agricoltura “buona” e non tossica come quella narrata, ancora una volta, dall’ordinanza cautelare sulla quale si basa tutta l’operazione che ha portato ad indagare su sessanta persone e su otto imprese agricole. Tra queste ve ne sono due una denominate “RINASCITA” e “AGRISOLE”, utilizzate con continuità dall’organizzazione mafiosa tortoriciana per intercettare i fondi messi a disposizione dall’Agenzia per erogazioni in agricoltura.
Il reperimento dei fondi, come nel caso della “Rinascita” e dell’ “AGRISOLE” avveniva per il tramite dei Centri di assistenza agricola che aiutano allevatori e braccianti alla predisposizione delle domande al fine dell’ottenimento dei benefici europei. Così come per i controlli amministrativi esiste il Sistema Informativo agricolo nazionale che è una banca dati che raccoglie tutte le informazioni del comparto agricolo. Da questi strumenti si passa per “patrimonializzare” il terreno per il quale ottenere il titolo che rappresenta il diritto al pagamento del beneficio europeo. Un sistema cavalcato abilmente dai soggetti criminali al fine di accaparrarsi fondi su terreni anche di ignari proprietari.
Dalla lettura dell’ordinanza cautelare, come riferisce anche Meridionews in un articolo di oggi firmato dal collega Dario De Luca, si legge del presunto coinvolgimento di due CAF della FENAPI: “In uno dei casi citati nell’ordinanza di custodia cautelare – scrive Dario De Luca – la società cooperativa Rinascita avrebbe beneficiato della presunta complicità di un patronato Fenapi di Randazzo, in provincia di Catania. «Inducevano in errore – si legge nei documenti – dirigenti e funzionari dell’Agea, in ordine alla sussistenza dei requisiti per la concessione degli aiuti e la liquidazione di tutte le tranche per un ingiusto profitto pari a 44mila euro». Per questo motivo sono indagati per truffa aggravata Alfio Pillera e Carmelo Vitale. Stessa accusa per Francesco Princiotta, funzionario della Fenapi di San Fratello, in provincia di Messina. Il funzionario si sarebbe occupato della documentazione della società agricola Agrisole attestando il rispetto della normativa nonostante le presunte carenze «in ordine ai titoli di conduzione giustificativi dei terreni».