di Giuseppe BEVACQUA
Cateno De Luca, attualmente sindaco di Taormina e deputato regionale, va “alla guerra“. L’ennesima della sua storia di uomo da campagna elettorale. Un clima e una modalità, un’armatura, quello da tenzone elettorale che De Luca non dismette mai, anzi che indossa con disinvoltura, come se fosse l’unico abito che sente di poter indossare.
Così De Luca oggi spiazza tutti e fa “il patto della maiatica“, l’ennesimo e colorito della sua storia politica, e rivolge il suo mirino personale e di staff a Giardini Naxos, uno dei Comuni che gli “mancano” nel suo schema di conquista territoriale.
Così come fosse un “RISIKO”, De Luca annuncia la sua candidatura per le prossime elezioni che si terranno nella vicina Giardini il prossimo maggio 2026.
Ma perché annunciarlo ora? E’ un’escamotage di propaganda? Potrebbe, e magari lo è, visto che se c’è una cosa che va riconosciuta al sempiterno candidato De Luca è quella di saper destare l’attenzione, nel bene e nel male.
Magari, però, è anche uno schema che Cateno Roberto Salvatore De Luca, classe 1972, già sindaco di Fiumedinisi, di Santa Teresa, di Messina e oggi di Taormina, sembra voler mettere in atto: Giardini è un’altra casella nella quale imporsi politicamente e Taormina un’altra dove posizionare un’altra persona di fiducia, un altro alter ego su cui contare?
La storia di Cateno De Luca è chiara, dalle regionali ed il Senato (questo mancato per non essersi candidato in prima persona) fino a Monza: le campagne elettorali aiutano ad essere visibili ed a tenere vivo il consenso, anche se costano enormemente. Di qui le ammissioni di sforamento delle norme di contribuzioni al partito da 100 mila, limite imposto, fino ai 300 mila euro. Ma ne vale la pena per un partito, quello di De Luca, Sud chiama Nord, in riorganizzazione e ripartenza in vista delle Europee, altra tenzone elettorale.
Su tutto questo si pone la domanda di come si sentano i suoi elettori taorminesi: sedotti e, prossimamente, abbandonati come quelli di Messina? Ma De Luca, assicura, “In due anni, come ho già fatto a Messina, avrò finito il lavoro di riorganizzazione. Dico, dunque, da subito che mi piacerebbe occuparmi di Giardini Naxos e perché no posso decidere di scendere in campo ed affrontare un’altra realtà complicata“.
“Finito il lavoro” a Messina? I messinesi sanno, volenti o nolenti, che il “lavoro” di salvare la città dal dissesto, prima ancora che riorganizzarla, è tutt’altro che concluso, visto che il Piano di Riequilibrio di Messina sembra più un’amministrazione controllata con tanto di verifiche a step semestrali, di cui la prima molto presto.
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