di Giuseppe Bevacqua
Riccardo Wanderlingh. Era un genio, sperimentatore e non solo della musica, ma della vita. Dietro quel sorriso un po’ sornione i suoi occhi vispi erano sempre alla ricerca del nuovo, dell’anticonvenzionale, in una ricerca che non è mai finita, tra deviazioni, incidenti di percorso ed una storia che si è incrociata con la mia come con quella di tanti “musicisti” di gioventù. La parola “musicista” è d’obbligo, per quanto mi riguarda, chiuderla tra grandi virgolette, mentre per quel che riguarda Riccardo la si può scrivere con la “M” maiuscola.
Riccardo è morto stanotte e l’ho appreso da Facebook in modo implacabile e crudo. Non vedevo il suo viso e non sentivo la sua voce da quasi 30 anni ma il pensiero è spesso andato a lui ed a come avesse proseguito la sua storia, a volte burrascosa, come solo quella di un genio può essere, tra musica, immagine e vita. Apprendere così della sua morte è stato come ripiombare agli anni in cui suonavamo e condividevamo giorni e notti su tastiere, chitarre elettriche e concerti a volte anche improbabili, come quello alla Sala Laudamo con quel gruppo new age che chiamavamo Polycrome South. Apprendo che Riccardo vivesse tra Agrigento e Messina, lavorava per Radio Kiss Kiss, Radio Montecarlo, Tecnel studio Multivisione e così via. La strada era quella che sempre ha battuto: il suono in tutte le sue forme, fin da quei giorni in soffitta, tra strumenti musicali ed amplificatori, tra concerti a scuola e scorribande spensierate. L’ultimo saluto a Riccardo Wanderlingh, annuncia Ranieri, il fratello, sarà oggi alle 11.30 alla Chiesa di San Gabriele all’Addolorata. Per amici come lo siamo stati non c’è “ultimo saluto” ma un ricordo lungo una vita.