Stop all’attenuante della ‘lieve entità’ dalla norma sugli stupefacenti ogni volta che c’è un passaggio di denaro. A sancirlo, l’emendamento presentato da Fratelli d’Italia al dl Caivano e accolto con parere favorevole dal governo. Una stretta che non piace alle opposizioni che parlano di legge punitiva per i più giovani e lanciano l’allarme carcere per i consumatori di cannabis.
Dalla “Maria” alla coca o peggio: la dicotomia tra “leggera” e “pesante” non ha senso
“Non ha molto senso definire la cannabis una droga leggera perchè ciò che determina la “pesantezza” di una droga è la concentrazione di principio attivo. Nella cannabis il principale responsabile dell’effetto psicotropo è il THC (Tetraidrocannabinolo, ndr)“. Lo scrive il dott. Samuele Lambertino, medico responsabile del programma riabilitativo tossicologico dell’Ospedale Maria Luigia.
“Sono molto dispiaciuto, ed è un eufemismo, che tutti i giovani con cui parlo mi rispondano “non lo so” alla mia canonica domanda “che concentrazione di THC c’è nelle canne che fumi?”. Negli anni, attraverso incroci e sperimentazioni, si sono sviluppate piante di marijuana che contengono concentrazioni altissime di THC. Concentrazioni di gran lunga superiori rispetto a quelle che si trovavano negli anni ’70 (ad esempio la skunk)“.
“Definire se la cannabis è una droga leggera o pesante è quindi impossibile se non andiamo ad analizzare la presenza di THC. C’è una teoria, a cavallo degli anni ’80 e ’90, chiamata “la teoria del 16%”, che afferma che concentrazioni di THC superiori al 16% siano dannose e provochino effetti negativi a medio e lungo termine. Al dì là delle singole percentuali, oggi abbiamo in circolazione hashish in cui la concentrazione di THC raggiunge il 60% , in alcuni olii addirittura il 90%. Tanti giovani che utilizzano cannabis non sanno più che cosa stanno fumando!“.
E dalla marijuana alla coca o peggio il passo può essere davvero breve. Anche perché chi la “vende” è lo stesso che ha in “portafoglio” le droghe che un’insulsa dicotomia distingue tra droghe “leggere” e droghe “pesanti”. Una sola domanda: cosa conviene allo spacciatore. Vendere una droga leggera che non “fidelizza” l’assuntore o vendere una droga devastante che costringe a compulsioni di acquisto con frequenza anche di più volte al giorno? Come il crack, ad esempio. Anche la droga diventa un fenomeno “commerciale” che sottostà alle sue regole perverse.