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Aggressione al comandante Giardina: prima regola “la sicurezza”. Soggetti conosciuti, perché affrontarli da solo?

- 22/10/2023

Giovanni Giardina è un poliziotto di razza e rampante. Un uomo che non le ha mai mandate a dire. No di certo. Lo ricordiamo tutti in mascherina e paletta durante il lockdown. E lo ricordo personalmente anche in un intervento avvenuto il 30 aprile del 2020 quando, nel medesimo punto in cui si è consumata l’aggressione ai danni del Comandante della Polizia Metropolitana Giovanni Giardina, un esercito di agenti di Polizia Municipale al suo comando effettuò un mega sequestro AI MEDESIMI SOGGETTI. Ed anche in quell’occasione Giardina rischiò l’aggressione. Ma quell’esercito di agenti schierati in servizio di lotta all’ambulantato abusivo arginò ogni reazione. Rimase però traccia, nel video da me girato, nel quale le parole, sommariamente proferite dai soggetti sanzionati, furono “Il commissario Giardina mi perseguita”.

30 aprile 2020 – L’esercito di agenti schierato dal Commissario Giardina per il sequestro agli stessi soggetti

La prima regola di un agente delle forze dell’ordine è garantire la sicurezza degli altri ma anche la propria. Una regola che il Commissario sembra abbia accantonato nell’intervento non programmato del 19 ottobre scorso che gli è costato 10 giorni di prognosi (qualche giorno in più e la querela sarebbe stata avviata d’ufficio e quindi non più rimettibile).

Il Comandante della Polizia Metropolitana, infatti, sembra che stesse svolgendo compiti inerenti proprio la Metropolitana e non di contrasto all’ambulantato. Ma tutti sappiamo che Giardina non avrebbe mai lasciato correre una violazione a quanto previsto dalla legge in merito all’ambulantato, soprattutto se accade sotto i suoi occhi. Da qui il suo intervento.

Ma la domanda di chi sa che poteva finire molto peggio da come è andata, e perché intervenire da solo, o meglio, con un solo collaboratore, un ispettore della Polizia Metropolitana? Non sarebbe stato meglio organizzarsi in via immediata con un intervento ad hoc? Magari chiamando a supporto agenti della Polizia Municipale della quale Giardina è anche comandante vicario? A maggior ragione visto che sapeva di chi si trattasse e dato che conosceva già il tenore delle minacce che erano state proferite fin da quel 30 aprile del 2020 al suo indirizzo? Perché chiedere, invece, l’intervento della pattuglia della Radiomobile della Municipale solo ad aggressione avvenuta? Perché mettere in pericolo anche la sicurezza dell’ispettore della Metropolitana? Perché rischiare l’aggressione, visto il pregresso, sapendo di rischiarla?

Ogni azione da agente delle forze dell’ordine, peggio se di grado superiore, ancora di più se comandante, svolta in condizioni di assoluta non sicurezza, non dovrebbe essere compiuta se non in imminente rischio dell’incolumità o della vita di un cittadino. E non mi sembra che fosse questo il caso. Buon per Giardina che l’aggressore o gli aggressori, non abbiano trovato quel “coltello” di cui lo stesso Giardina riferisce in un’intervista al quotidiano messinese. Altrimenti la sua scelta di intervenire senza se e senza ma, ma anche senza un numero adeguato di agenti a copertura, ci avrebbe potuto costringere a scrivere una storia diversa e ben più tragica.

Giardina, sempre nell’intervista al quotidiano, al collega Berté, dichiara che “andrò avanti”. Siamo certi lo farà. Quel che speriamo è che lo faccia avendo più cura per sé stesso, per chi lo accompagna per altri servizi, per il bene di tutti.

Al Comandante Giardina auguriamo pronta guarigione e ricordiamo che nella lotta all’ambulantato e per le strade messinesi i cittadini non hanno bisogno di “eroi”, ma di agenti e forze dell’ordine presenti, e soprattutto vivi e integri.