di Giuseppe Bevacqua
“Uscite dagli archivi tutti i pagamenti dal 2018 al 2023″ è l’ordine del Direttore Generale dell’Università di Messina Francesco Bonanno. “I pagamenti su tutti i progetti di cui è responsabile scientifico il professor Cuzzocrea” è l’ordine più definito e circostanziato.
Un lavoro enorme e dovuto che impegnerà non poco l’amministrazione di Ateneo e che , probabilmente, rallenterà molti altri iter già in corso. Ma poco importa: quel che è necessario è fare chiarezza e mettere a disposizione “le carte” in vista di approfondimenti da parte di molti, a cominciare dal Ministero, fino alla Corte dei Conti.
C’è molto da tirar fuori e da verificare, in un’atmosfera forse mai respirata all’Università di Messina, quella dove i “soprusi delle baronie” e le “pubblicazioni lampo e stampo” sono memoria di chi quelle stanze le ha frequentate e ne ha sentito il lezzo maleodorante.
E’ come se una bomba fosse improvvisamente deflagrata al palazzo del Rettorato dove la sedia di Rettore adesso vuota pesa ancora di più di quando era occupata da chi è stato costretto ad andar via, sotto la pressione delle accuse e della stessa Conferenza dei Rettori dove la posizione di Presidente del professor Cuzzocrea era diventata scomoda e inopportuna.
Tirare fuori le carte significa prendere sul serio obbligatoriamente e senza alternativa quello che non può certo definirsi più “un polverone” ma che è diventato sostanza di fatti da appurare.
Troppe le accuse, i riscontri oggetti da spiegare, i rimborsi anche diretti a Cuzzocrea ed all’azienda di famiglia. Accuse e tanti fondi ottenuti per i quali lo stesso Cuzzocrea, prima di andare via, non ha chiaramente spiegato limitandosi solo a parlare di “complotto” ai suoi danni, di una “macchina del fango” contro la quale non ha lottato e non ha opposto alcun chiarimento.
Nel mentre le elezioni incombono in questa atmosfera carica di imbarazzo, inopportuno e non consono ad ermellini e toghe, abiti simbolo di chi rappresenta l’esempio per giovani che in quelle stanze, in quelle aule si aspettano di ricevere il dono della conoscenza e del valore.
Si faccia chiarezza ed i primi a chiederla dovrebbero essere proprio i candidati a quella poltrona rimasta vuota e altamente scomoda, quanto ambita. Siano proprio loro, i candidati Limosani e Spatari, a chiedersi e a chiedere risposte di cosa sia stato fatto in questi anni con i soldi dell’Ateneo, e quindi del Ministero e dei giovani che pagano alte tasse universitarie. Si chiedano loro per primi i candidati dei palazzi acquisiti dall’Ateneo e del perché di queste acquisizioni, come quella dell’ex Riviera, un rudere completamente da ricostruire.
E se “da mesi (l’Università di Messina, ndr.) – scrive la professoressa Nancy Spanò – è costretta a confrontarsi con azioni quantomeno sorprendenti (indizione di elezioni fuori dalle previsioni legislative da parte di un decano che tale non è) e con iniziative mediatiche difficili da decifrare” è necessario conoscere e “decifrare” i motivi di quanto sta accadendo e di darne conto alla comunità fatta di docenti, studenti, collaboratori, dottorandi, amministrativi, cittadini.
Cosa è accaduto? La risposta a questo quesito è il primo dei punti che ogni candidato a Rettore dell’Università di Messina dovrebbe avere nella propria agenda di programma. Perché non c’è assolutamente NULLA da decifrare.
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