MESSINA, 26 SET – “Ho vissuto un incubo per sette anni, ho speso tutti i miei risparmi e ho dovuto vendere casa per pagarmi le spese giudiziarie, colleghi, amici e anche alcuni familiari, mi guardavano male fino a quando, ho dimostrato di essere innocente e sono stato assolto perché c’era stato uno scambio di persona. Ho provato a chiedere un risarcimento ma senza fortuna, ora chiederò i danni alla Corte europea dei diritti dell’uomo”. A dirlo Santo Bonasera impiegato della Città metropolitana di Messina e rinviato a giudizio nel 2012 insieme ad altri 57 dipendenti con l’accusa di truffa ai danni dello Stato. I dipendenti utilizzavano un meccanismo ormai consolidato: il badge veniva timbrato dall’amico connivente di turno e anche se risultavano a lavoro erano in giro a sbrigare le proprie commissioni. Il processo poi si è concluso nel 2019 con 39 condanne e 18 assoluzioni. Tra questi assolto anche Bonasera che ancora ricopre l’incarico di portiere all’interno dello stabile dell’ente ed era anche stato accusato di aver spostato con un bastone una delle telecamere in modo che lui ed altri eludessero i controlli. Ma non era così, l’imputato aveva spiegato da subito di non aver fatto nulla di quello che gli veniva contestato e visionando le foto incriminate aveva affermato che quello non era lui, ma un altro dipendente.
Tuttavia non era riuscito, nonostante le richieste pressanti del suo avvocato, a far visionare le foto ai giudici prima dell’ultima udienza, e a quel punto dopo 7 anni i giudici lo hanno assolto perché il fatto non sussiste. I pubblici ministeri poi hanno assicurato che avrebbero indagato la persona ritratta nella foto, ma ancora oggi le indagini non sono iniziate- “Dopo l’assoluzione, – spiega ancora Bonasera -non mi hanno voluto dare nessun risarcimento e ora mi rivolgerò alla Corte europea dei diritti dell’uomo. Ho speso tutti i soldi per pagare avvocati per difendermi nonostante fossi innocente; ad un certo punto non sono più riuscito a pagare più il mutuo e non ho potuto ottenere un prestito perché l’ente dove lavoro aveva scritto che ero a rischio licenziamento per l’inchiesta. Quindi ho dovuto vendere casa e ora vivo in affitto e non ho più risparmi. La giustizia purtroppo ha tempi troppo lunghi e come spesso accade e poco attenta perché il mio caso si sarebbe potuto risolvere subito senza alcuna conseguenza”.