NOTA STAMPA CONGIUNTA: Fit CISL, UIL Trasporti, FAISA CISAL e ORSA
Da notizie pervenute a queste OO.SS., anche attraverso gli Organi di Stampa, risulterebbe un impegno intensivo di ATM S.p.A. sul fronte legale a causa dei numerosi contenziosi promossi dai dipendenti per la tutela dei loro diritti. Risulta altresì che ATM S.p.A. è stata più volte condannata a risarcire i lavoratori e al pagamento delle spese legali.
Fermo restando la facoltà dell’ufficio legale di ATM S.p.A. di “interpretare” la Legge, non si può sottacere che in molti casi le scriventi OO.SS. hanno segnalato violazioni della normativa a danno dei lavoratori allegando specifici articoli di riferimento, col fine di risolvere le controversie in sede di trattativa sindacale ed evitare il percorso legale che ha comportato un dispendio di risorse pubbliche nei molti casi in cui l’Azienda ha subito sentenze di condanna alle spese legale e al risarcimento dei lavoratori ricorrenti.
A mero scopo di esempio si prenda il caso dei lavoratori collocati in quiescenza forzata nonostante l’esplicita richiesta di permanere in servizio. In sede di confronto sindacale, ma anche attraverso note ufficiali, le scriventi OO.SS. hanno più volte richiamato il principio di diritto enunciato dalla Cassazione (14393/21) che dispone:
“Nelle aziende addette ai pubblici servizi di trasporto, per le quali opera il regime previdenziale speciale introdotto dal D.lgs. 21 giugno 1996 n. 414, un addetto al personale viaggiante ultrasessantenne in possesso di requisito anagrafico per il conseguimento della pensione di vecchiaia anticipata, previsto al raggiungimento di un’età ridotta di 5 anni rispetto a quella, tempo per tempo, in vigore nel regime generale obbligatorio, non può essere licenziato ai sensi della L. n.108 del 1990, art. 4 comma 2, in presenza di una volontà espressa dal lavoratore medesimo volta a non accedere al pensionamento anticipato ed a permanere in servizio”.
Nonostante la lapalissiana comprensibilità della succitata sentenza, che le Organizzazioni Sindacali hanno esibito in ogni occasione di confronto, ATM S.p.A. ha continuato a “interpretare” la Legge a proprio uso e consumo, costringendo i lavoratori, licenziati in modo illegittimo, ad adire le vie legali, con il risultato che oggi l’azienda perde i contenziosi, deve riassumere e risarcire i lavoratori e pagare le spese legali utilizzando il patrimonio pubblico.
E’ solo uno dei tanti esempi di gestione autocratica del personale che costringe i lavoratori a rivolgersi al Tribunale. Attraverso l’inedito principio enunciato pubblicamente dal Presidente del C.d.A. Giuseppe Campagna, per cui il rapporto di lavoro sarebbe un rapporto a due fra dipendente e datore di lavoro e il sindacato non avrebbe titolo a intervenire, ATM S.p.A. banalizza il confronto con le Organizzazioni Sindacali ove si potrebbero individuare soluzioni ed evitare il percorso legale; con l’insana certezza che se l’Azienda soccombe in giudizio nulla grava sulla dirigenza che sbaglia a interpretare la Legge, perché i risarcimenti e le spese legali si pagano con soldi pubblici.
Per la tutela del patrimonio pubblico che le scriventi Parti Sociali hanno il dovere statutario di tenere in debita considerazione, si ritiene doveroso segnalare alle pertinenti SS.LL. in indirizzo che in conseguenza alla miriade di contestazioni disciplinari emanate mensilmente dall’azienda con allarmante leggerezza, sono in atto altrettanti contenziosi legali promossi dai dipendenti interessati che, ove l’azienda fosse condannata, come spesso accade, i costi ricadrebbero ancora sulle casse pubbliche. Si vuole significare che risulta quanto meno immorale l’atteggiamento della direzione aziendale che evocando il diritto di tutela del patrimonio aziendale avanza innumerevoli richieste di esosi risarcimenti e mette in mora gli Autisti che procurano un minimo danno ai Bus, ma al contempo, incurante delle ripetute spese processuali
pagate con risorse pubbliche, impone regole all’interno dell’azienda con ordini di servizio in conclamato contrasto con le leggi in vigore e con la normativa contrattuale, sapendo che i dipendenti per tutelarsi devono pagare l’avvocato di tasca propria mentre la dirigenza aziendale, per resistere ai ricorsi, può tranquillamente utilizzare soldi pubblici e nessuno punisce la mala gestio.
Le sentenza che vedono soccombere in giudizio ATM S.p.A. nei confronti dei lavoratori vanno a sommarsi significativamente, le spese affrontate con dispendio di soldi pubblici non sono più trascurabili e le scriventi si riservano di esibire documentazione ufficiale nelle sedi competenti.
Per quanto esposto si chiede l’autorevole intervento del Consiglio Comunale, della Corte dei Conti e del Sindaco di Messina che ha il dovere di tutelare il patrimonio pubblico, anche quando le spese “evitabili” provengono dal Consiglio di Amministrazione dell’azienda a sovvenzione pubblica cui Egli ha conferito incarico.
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