NOTA CONGIUNTA SINDACATI Fit CISL, UIL Trasporti, FAISA, ORSA
“Trattasi di un rapporto tra datore di lavoro e singolo lavoratore che non prevede terze parti”. Con questa frase lapidaria il presidente Campagna ieri ha esordito in sede di procedure di raffreddamento, attivate da Fit CISL, UIL Trasporti, FAISA e ORSA per il mancato rinnovo del contratto a 5 apprendisti a conclusione del percorso formativo, senza comunicare ai Sindacati e ai lavoratori interessati i motivi alla base della drastica interruzione del rapporto di lavoro.
Secondo l’originale interpretazione delle Relazioni Sindacali enunciata dal Presidente, il Sindacato non avrebbe titolo a intervenire quando l’azienda, senza addurre alcuna motivazione, decide di lasciare a casa senza reddito 5 padri di famiglia. Se non ci fosse di mezzo il dramma occupazionale verrebbe da sorridere nel prendere atto dei livelli di dispotismo cui si sente autorizzata questa dirigenza aziendale, ma il vero dramma sindacale in ATM è che alcuni rappresentanti dei lavoratori condividono la teoria del Presidente Campagna ed hanno deciso di revocare la propria adesione alle procedure di raffreddamento.
Nell’incontro di ieri Fit CISL, UIL Trasporti, FAISA e ORSA, hanno chiesto a Campagna di conoscere il metro di valutazione che ha spinto l’azienda a non rinnovare il contratto a 5 apprendisti, anche per sgombrare il campo dall’ombra di discriminazioni e azioni ritorsive.
L’azienda si è avvalsa della facoltà di non rispondere, per ATM S.p.A. è tattica proficua snobbare il ruolo del sindacato, imporre le proprie regole all’interno del feudo aziendale e respingere ogni legittimo dissenso invitando i dipendenti a rivolgersi al Tribunale, consapevole che il lavoratori spesso non hanno la condizione economica per permettersi le spese legali e sono costretti ad accettare passivamente ogni forzatura.
Diverso è per la dirigenza aziendale che rischia poco o nulla quando il Giudice condanna ATM S.p.A., niente grava sulle loro tasche, i risarcimenti e le spese processuali per gli errori aziendali non li pagano con le sostanziose prebende che gli corrisponde il Comune di Messina, utilizzano i soldi pubblici e nessuno li contesta per i marchiani errori di gestione. In tal senso il Sindaco Basile, unico azionista di ATM e responsabile del patrimonio pubblico, dovrebbe far luce sui numerosi e costosi contenziosi legali persi dall’azienda che gravano sulle tasche dei messinesi e anche la Corte dei Conti dovrebbe porsi qualche domanda. C’è di fatto che quando ATM S.p.A. è costretta a confrontarsi con la giustizia che va oltre le regole imposte in azienda, spesso perde il confronto legale ed emerge il sistema autocratico con cui la dirigenza gestisce il rapporto con i dipendenti.
E’ di ieri la sentenza, l’ennesima, che condanna ATM S.p.A. a riassumere e risarcire uno dei lavoratori che l’azienda, con personale ed errata interpretazione della Legge, aveva collocato anzitempo in quiescenza attraverso un tassativo ordine di servizio.
Il Giudice del lavoro del Tribunale di Messina ha disposto l’immediata reintegrazione nel posto di lavoro del dipendente difeso dall’Avvocato Antonio Daniele D’Orazio del foro di Messina, ed ha altresì condannato ATM S.p.A. a risarcire il lavoratore con il pagamento di tutte le mensilità, dalla data del “licenziamento” fino al giorno della reintegrazione in servizio. Gravano sempre su ATM S.p.A. le spese processuali (6000 euro) oltre spese generali, iva, cpa e C.U.
Poco male, tanto, se sbaglia Campagna PAGANO I MESSINESI…
La chiusura dell’azienda in fase di procedure di raffreddamento impone a Fit CISL, UIL Trasporti, FAISA e ORSA di attivare la seconda fase delle procedure propedeutiche allo sciopero. Dispiace che nell’organizzazione della protesta per la difesa dei 5 posti di lavoro e per il contrasto alla conclamata arroganza aziendale, non sia presente il fronte sindacale al completo. Per Fit CISL, UIL Trasporti, FAISA e ORSA l’obiettivo unico è la riassunzione dei 5 apprendisti, anche se, per prevedibile tattica, dovesse arrivare attraverso accordo con altre sigle sindacali che ancora si dichiarano “collaborative” con l’azienda in nome di una concertazione a perdere che fino a oggi ha prodotto solo batoste per i lavoratori e la loro sfiducia nel sindacato.