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Strage Via D’Amelio, Schifani: «Borsellino, esempio indelebile. Impegno per onorarne la memoria»

- 19/07/2023

«Sono passati trentuno anni, ma non si è ancora rimarginata la profonda ferita inferta alla Sicilia e all’Italia intera dalla strage di via D’Amelio, nella quale vennero barbaramente uccisi il giudice Paolo Borsellino e i ragazzi della sua scorta, Agostino Catalano, Emanuela Loi, Vincenzo Li Muli, Walter Eddie Cosina e Claudio Traina». Lo dice il presidente della Regione Siciliana, Renato Schifani, in occasione dell’anniversario dell’eccidio del 19 luglio 1992, in via D’Amelio a Palermo, in cui per mano della mafia persero la vita il giudice e cinque agenti della scorta.

«Senso dello Stato e della giustizia, dignità e rettitudine, accompagnati da un impegno indefesso contro ogni tipo di mafia e di illegalità, hanno reso il giudice Borsellino un esempio che rimarrà indelebile nella nostra storia. Per onorare davvero la sua memoria – ha aggiunto il governatore – dobbiamo impegnarci, tutti quanti, ognuno nel proprio ruolo, nel portare avanti quelli che erano i suoi valori. E, allo stesso tempo, dobbiamo pretendere che venga fatta piena luce su quegli anni bui, perché senza verità non potrà mai esserci giustizia, come ci ricordano le famiglie delle vittime alle quali esprimo tutta la mia vicinanza».

Il presidente Schifani questa mattina ha partecipato alla messa commemorativa nella chiesa di Santa Maria della Pietà alla Kalsa, quartiere dove Borsellino è cresciuto. Alla cerimonia alla caserma Lungaro, invece, in rappresentanza del governo regionale, c’era  l’assessore regionale alle Attività Produttive, Edy Tamajo. Erano presenti la presidente del Consiglio dei ministri Giorgia Meloni, il ministro dell’Interno Matteo Piantedosi, il capo della Polizia Vittorio Pisani, il presidente dell’Ars Gaetano Galvagno e il sindaco di Palermo Roberto Lagalla.

«Il ricordo della strage di via D’Amelio – ha detto il componente del governo regionale – è doveroso e ci sprona a proseguire in quel percorso di ricerca della verità che, dopo 31 anni, deve portarci finalmente a fare piena luce su una delle pagine più drammatiche della nostra storia repubblicana. Ottenere la verità significa rendere giustizia ai familiari del giudice Borsellino e a quelli degli agenti della sua scorta, ma vuol dire anche dare un segnale forte a tutti quei cittadini onesti che, seguendo il loro esempio, rifiutano ogni giorno i disvalori mafiosi e continuano a rendere onore a queste figure senza scadere nella retorica».