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“Storie tese. Dissesto si … dissesto no … la terra dei cachi”. Corte dei Conti, oggi la sentenza

- 18/07/2023
Comune voce di Sicilia

di Emilio Fragale

Domani (oggi ndr.) è attesa la sentenza della Corte dei Conti.

Messina si salverà dal dissesto?

Spero proprio di sì.

Se vi fosse una pronunzia negativa, la colpa non sarebbe del duo De Luca – Basile.

Se vi fosse una pronunzia positiva, il merito non sarebbe del duo De Luca – Basile.

In questa decennale vicenda si condensa tutta la farisaica farraginosità di normative e procedure, in cui, a mio avviso, il Giudice Contabile, con i suoi procuratori, ed il Ministero, con i suoi funzionari, hanno inteso lasciarci nel guado sguazzando nella opinabilità (in guisa di approcci interpretativi disparati) di fantomatiche operazioni verità, presunti salva Messina, “culose o paraculose” presentazioni e rimodulazioni di piani di riequilibrio  dell’ultimo secondo utile. 

Una cosa è certa. Tra le 106 pagine della accusa e le oltre le 200 di controdeduzioni non è una sfida a chi ce l’ha più lunga. Così come anche certo è che  il richiamo all’anno del Signore 2019, come anno di inizio della virtuosità, non si può proprio sentire da parte dell’ex Revisore poi promosso “Guardiano”. 

Dichiarazioni politicamente roboanti a fronte di una misura amministrativa dichiaratamente di estrema ratio. In pratica, dissesto c’è come rigore solo quando arbitro fischia.

Oggi, comunque, si raccolgono i cocci di una narrazione social e mediatica non più sostenuti dal trash e/o dalle incontrollate farneticazioni, per esempio, come quella di debiti gonfiati per indurre i creditori a perfezionare le transazioni e/o dalle dirette dalla sede della protezione civile ad adiuvandum anche dei consuntivi delle testate al seguito. Ciò giustifica il passare nelle classifiche di gradimento dal secondo posto del #sinnaco osannato con i #buongiornissimo alla settantaquattresima posizione  dell’attuale Sindaco.

Spero per la nostra città che non vi sia dichiarazione di dissesto.

Spero, altresì, che De Luca non sia messo fuori gioco in un’aula di Giustizia perché del tronfio urlato vittimismo di cui sarebbe capace non ce ne faremmo proprio niente.