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Traffico di droga a Giostra: 23 condanne contro la “SCAMPIA” di via Seminario Estivo. La storia di un’inchiesta innovativa

- 01/06/2023
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di Giuseppe Bevacqua

L’operazione Market Place che sgominò nel mese di maggio del 2021 un’organizzazione dedita allo spaccio di stupefacenti che aveva come teatro le case IACP del rione Giostra, in via Seminario Estivo. Erano 51 imputati originariamente nel processo di primo grado che oggi, in Appello, innanzi al giudice Antonio Giacobello, si è concluso con 23 condanne. Le pene rideterminate in Appello : Angelo Arrigo, 14 anni, 2 mesi e 10 giorni; Paolo Arrigo, 7 anni e 4 mesi; Vittorio Stracuzzi, 11 anni; Marco Talamo, 10 anni, 7 mesi e 10 giorni; Stello Rossano 8 anni, 5 mesi e 20 giorni; Girolamo Stracuzzi 8 anni, 9 mesi e 20 giorni; Pasquale Rossano, 7 anni, 11 mesi e 10 giorni; Giuseppe Bonanno, 7 anni e 8 mesi; Gianluca Siavash 7 anni e 11 mesi; Carlo Pimpo 6 anni, 8 mesi è 10 giorni; Antonino Arrigo 17 anni e 8 mesi; Ramona Assenzio 6 anni, 10 mesi è 20 giorni; Manuela Valente, 7 anni, 2 mesi e 20 giorni; Eugenio Sebenico, 4 anni e 6 mesi; Carmelo Prospero, 8 anni e 4 mesi; Alessia Stracuzzi 1 anno, 5 mesi e 20 giorni poi 4000 euro di milta; Sandro Minutoli 1 anno, 1 mese e 10 giorni più 2000 euro di multa; Giosuè Orlando, 7 anni, 6 mesi e 20 giorni; Daniela Monti, 8 mesi e 1200 euro di multa; Beatrice Rossano, 1 anno e 2000 euro di multa; Concetta Assenzio 1 anni, 6 mesi è 4200 euro di multa. Per Concetta Assenzio e Beatrice Rossano pena sospesa.

Assolto per non aver commesso il fatto Federico Russo.

L’INCHIESTA MARKET PLACE

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Smercio di stupefacenti a qualsiasi ora del giorno e della notte di pianerottolo in pianerottolo, veri e propri condomini dediti alla vendita di sostanze stupefacenti, fra le quali anche il pericolosissimo crack, il derivato della cocaina che dà immediata dipendenza a chi lo fuma.

La Polizia di Stato di Messina, con l’impiego di circa 350 operatori, condusse una vasta azione anticrimine che ha portato all’esecuzione di 52 misure cautelari emesse a carico di altrettante persone ed al sequestro di beni mobili, immobili ed altre utilità economiche. Il provvedimento cautelare dispose la misura della custodia in carcere per 26 indagati, quella degli arresti domiciliari per 13 soggetti e quella dell’obbligo di presentazione alla P.G. per 13 persone nonché il sequestro di immobili (appartamenti e garage-cantine), autoveicoli, motoveicoli e altre utilità economiche.

L’operazione, denominata “Market Place”, rappresentò l’epilogo delle allora più recenti indagini condotte dalla Squadra Mobile e coordinate dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Messina, su un’ampia e pericolosissima struttura delinquenziale, formata da più cellule, dedita al traffico di sostanze stupefacenti e per lo più operante nel quartiere popolare cittadino di “Giostra”.

GLI AGGUATI A GIOSTRA DEL SETTEMBRE 2016 E DEL 25 GENNAIO 2017

L’attività di indagine nacque dagli approfondimenti svolti a seguito dell’agguato avvenuto il 25 gennaio 2017 ai danni di due uomini, padre e figlio, i quali furono raggiunti da qualcuno che, a bordo di uno scooter, esplose al loro indirizzo dei colpi di arma da fuoco per poi dileguarsi. I colpi, sparati con un fucile, raggiunsero i due uomini, ferendoli agli arti inferiori. Giorni dopo, nella stessa zona, veniva incendiata una Smart in uso al figlio, mentre pochi mesi prima, nel settembre del 2016, un parente dei due uomini, era rimasto vittima di un attentato analogo. Gli episodi sembravano tra loro collegati e sono divenuti oggetto di approfondimento da parte dei magistrati della Direzione Distrettuale Antimafia messinese e degli investigatori della Squadra Mobile.

GIOSTRA E LE GUERRE LEGATE AGLI STUPEFACENTI: l’AGGUATO AL BAR

Fin da subito le indagini si sono indirizzate sulle componenti malavitose operanti nel quartiere di Giostra e si sviluppavano scandagliando le dinamiche criminali, soprattutto nell’ambito del traffico degli stupefacenti, che interessavano quel rione popolare cittadino. In quella zona di Messina si era già registrato, nel 2016, un altro allarmante episodio; all’interno di un bar erano stati esplosi dei colpi d’arma da fuoco contro diversi soggetti lì riuniti gravati da precedenti di polizia. Il tutto lasciava supporre che, attorno al popoloso quartiere cittadino, ruotassero interessi da parte di più cellule criminali che, armi alla mano, si stavano affrontando per contendersi la supremazia sul territorio ed assicurarsi i migliori proventi derivanti dagli illeciti affari in materia di importazione e commercializzazione degli stupefacenti. 

VIA SEMINARIO ESTIVO E LA CENTRALE DELLO SPACCIO: IL FORTINO

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L’approfondimento investigativo, condotto dai poliziotti della Squadra Mobile, consenitì di fare luce sugli efferati ferimenti dei due congiunti e restituì molti elementi indicativi di un intenso traffico di sostanze stupefacenti, gestito all’interno di un comprensorio edilizio, residenza della famiglia dei due uomini.

Le intercettazioni telefoniche ed ambientali, la visione delle immagini delle telecamere di osservazione, i tantissimi servizi dinamici sul territorio e gli innumerevoli riscontri all’attività di spaccio condussero, all’emersione di un’articolata associazione criminale, operante nel rione messinese di Giostra, dedita alla gestione di un imponente traffico di droghe di varie tipologie, destinate ad essere immesse sul mercato messinese attraverso la creazione di una vera e propria “centrale dello spaccio”.

Questa struttura criminale era articolata in molti di “punti vendita” collocati nelle diverse palazzine del complesso, gestiti da vari associati e utilizzati sia per lo smercio al dettaglio ai tossicodipendenti, sia come base per la distribuzione degli stupefacenti ad a molti pushers, di regola anch’essi clienti, che provvedevano a loro volta allo spaccio al minuto per autofinanziarsi, contribuendo a incrementare così il mercato del sodalizio. All’interno di ciascun appartamento preposto alla rivendita e gestito da uno dei sodali (di regola un membro dell’assetto familiare interessato) la collaborazione del nucleo familiare, spesso allargato, consentiva il protrarsi dell’attività giorno e notte, senza soluzione di continuità.

Il complesso popolare era strutturato come una vera e propria roccaforte munita di impianti di videosorveglianza che controllavano gli accessi permettendo, mediante schermi collocati all’interno delle abitazioni, la tempestiva constatazione della presenza delle forze dell’ordine. Inoltre, ad integrare i sistemi tecnologici di rilevazione di presenze “indesiderate”, veniva utilizzato il metodo del “passaparola”, sia tra i “condomini” che tramite i clienti pronti ad avvisare gli spacciatori di eventuali controlli in corso nonché quello delle vedette.

LA “SCAMPIA DI MESSINA”

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L’associazione poteva, avvalersi di un’ampia rete di fornitori indispensabile per garantire il costante flusso di sostanza stupefacente di varie tipologie (cocaina, marijuana, hashish, skunk), che consentiva di far fronte ad un’incessante domanda d’acquisto. A testimoniare l’imponenza dell’organizzazione criminale è la definizione data da un collaboratore di giustizia: “la Scampia di Messina”.

L’attività di indagine portò alla luce un modus operandi ricorrente nella cessione dello stupefacente, effettuato secondo uno schema fisso che prevedeva la ricezione dell’ordine davanti alla porta di casa, l’attesa dell’acquirente sul pianerottolo e la consegna della droga sempre all’esterno dell’abitazione. In caso di impedimento temporaneo o permanente del “referente principale”, la distribuzione degli stupefacenti veniva gestita dagli altri membri della famiglia, sempre all’interno della stessa palazzina, o demandata ad altri soggetti che gestivano le altre piazze di vendita riconducibili allo stesso gruppo criminale.

La posizione centrale nel gruppo criminale era ricoperta dall’uomo ferito nell’agguato (il padre) che, secondo le risultanze, ricopriva importanti funzioni di coordinamento delle diverse piazze di spaccio del comprensorio e di gestione del fiorente traffico illecito, curando l’approvvigionamento della droga, gestendo le negoziazioni sui quantitativi e sui prezzi, decidendo se e a chi condonare un debito o concedere uno “sconto” per l’acquisto di droga e risolvendo altre eventuali problematiche, per lo più connesse ai controlli delle forze dell’ordine (ad esempio, con il frequente ricorso a delle vere e proprie “vedette” che potessero tempestivamente dare notizia dell’arrivo di persone o autovetture “sospette”).

L’OPERAZIONE ANTIMAFIA “PREDOMINIO”

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Ciascuno degli indagati era coadiuvato nell’attività di spaccio da altri componenti del gruppo familiare: il fratello, la moglie, la suocera (sorella di due collaboratori di giustizia) i cognati ed altri. Tutti i soggetti, al pari dei numerosi altri destinatari dei provvedimenti cautelari, fornivano il loro contributo all’associazione indirizzando i clienti, segnalando eventuali situazioni sospette e rendendosi protagonisti di alcuni episodi di cessione. Di non poco conto era la “copertura” data da un uomo, già collaboratore di giustizia e raggiunto dalla misura cautelare del massimo rigore eseguita nell’ambito dell’Operazione Antimafia denominata “Predominio”. Inoltre le investigazioni condotte evidenziarono l’esistenza di un’altra organizzazione criminale, anch’essa operante nel quartiere Giostra, dedita all’acquisto, alla detenzione ed alla cessione di sostanze stupefacenti dì vario tipo (cocaina, marijuana ed hashish) nonché allo spaccio al minuto di tali sostanze. Capo promotore di tale associazione era da individuarsi in un soggetto, ed altri soggetti deputati a detenere lo stupefacente del gruppo, nonché a svolgere attività di spaccio al minuto, riscuotere i proventi dell’attività e di bonificare i luoghi ove potessero essere installate delle microspie.

LE ARMI

Un’associazione, quest’ultima, che, peraltro, poteva contare sulla disponibilità di armi da utilizzare per assicurare un efficace controllo del territorio e del mercato dello spaccio.  Una disponibilità avvalorata non solo dai ferimenti dai quali l’indagine ha tratto spunto, ma anche dalle conversazioni captate, dalle immagini raccolte e visionate. Elementi cui deve aggiungersi anche, seppur a carico di ignoti, quello del rinvenimento di munizioni del 23 giugno 2017, in uno spazio condominiale delle case popolari oggetto di indagine.

GLI INDAGATI ED I SEQUESTRI

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Condividendo l’imponente quadro indiziario raccolto dagli investigatori della Squadra Mobile, la Procura della Repubblica presso il Tribunale di Messina – Direzione Distrettuale Antimafia, richiedette ed ottenne, la misura cautelare del massimo rigore per 26 indagati, quella degli arresti domiciliari per 13 soggetti e quella dell’obbligo di presentazione alla Polizia Giudiziaria per altri 13 individui.

La ricostruzione delle consistenze patrimoniali di alcuni degli indagati e dei relativi nuclei familiari e il rilevamento dei redditi annualmente conseguiti da ciascuno di essi permetteva di ravvisare una sproporzione tra i beni posseduti e le loro effettive capacità economiche. Pertanto il G.I.P., nel provvedimento cautelare in argomento, disponeva anche il sequestro preventivo di beni mobili (autovetture e motoveicoli), immobili (appartamenti, garage, cantine) ed utilità economiche presenti in conti correnti riferibili ai destinatari della misura cautelare. Il tutto per un valore complessivo di oltre 300.000 Euro.

Per il rintraccio e la cattura dei destinatari del provvedimento restrittivo, gli investigatori della Squadra Mobile, unitamente al Servizio Centrale Operativo, agirono sotto il diretto coordinamento della Direzione Centrale Anticrimine della Polizia di Stato che inviò in Messina numerosi equipaggi dei Reparti Prevenzione Crimine provenienti dalla Sicilia, dalla Calabria, dalla Campania, dal Lazio e delle Squadre Mobili di Palermo, Reggio Calabria, Catania, Caltanissetta, Siracusa, Ragusa ed Enna.  All’attività collaborò personale dei Commissariati di Pubblica Sicurezza Distaccati e Sezionali della Provincia di Messina, della D.I.G.O.S., dell’Ufficio Prevenzione Generale e Soccorso Pubblico e di ogni altra articolazione della locale Questura nonché della Polizia Penitenziaria operante nelle Case Circondariali ove si trovavano già ristretti alcuni soggetti destinatari delle misure cautelari emesse.

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MESSINA NON SOLO CROCEVIA DELLA DROGA

L’operazione “Market place” di del 2021 insegnò a chi non ne sapeva nulla e credeva di sapere tutto, quanto è tutt’oggi facile in questa città reperire la droga, anche e soprattutto la più distruttiva. Interi condomini di spaccio, con famiglie intere organizzate come piccole aziende criminali che di droga ci vivono. Un’economia illegale che per chi ne vive non sembra tale, suggerendo “giustificazioni” autoindotte: “di che vivere altrimenti?”. Quel che imparammo allora (evidentemente in pochi) e che fu ampiamente sottolineato dal Procuratore di allora, Maurizio De Lucia e dall’allora Questore Calvino fu che dopo un vuoto di criminalità dovuto ad interventi così massicci da parte delle forze dell’ordine è necessario che le amministrazioni, lo Stato, intervengano per colmarlo con ingredienti buoni che non permettano più che la droga diventi sistema di sostegno, illegale, di intere famiglie, condomini, quartieri.

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La droga, insomma, è una vera e propria “altra” economia che sopperisce, in quartieri come Giostra e non solo, al vuoto lasciato da chi dovrebbe colmarlo, lasciando campo libero alla criminalità che uccide ogni giorno, ad ogni dose, intere famiglie, giovani e non solo, che da vittime della tossicodipendenza diventano essi stessi carnefici, di se stessi e degli altri.

E’ facile per chi vende morte suggerire a chi la compra, che vendendola anch’egli, può autofinanziare la sua “malattia”. Perché di malattia stiamo parlando, la tossicodipendenza, che anche se non riconosciuta dallo Stato, ammala schiere di giovani, ma anche padri e madri di famiglia, mina la società che da buona e sana, diventa corruttibile.

Non solo Giostra, ma anche Fondo Fucile, San Luigi, Camaro… Sono tante le piazze di droga, le piccole Scampia a Messina, con cancelli di ferro, vedette ed attività commerciali di copertura. Troppe. In mezzo ci sono le famiglie ed i figli, i mariti, le madri, che in un attimo da vittime possono diventare anch’essi pusher. Ad opporsi solo le Forze dell’ordine, la magistratura… ed i giornalisti. In attesa delle coscienze.