di Giuseppe Bevacqua
Arrivo a Bologna previsto per il 17 maggio alle ore 8.57. Proseguimento per Ravenna alle ore 9.06. Mentre il treno, una Frecciarossa che da Salerno mi porta a Bologna, entra in stazione mi preparo a correre. La coincidenza è stretta e devo fare in fretta.
La stazione di Bologna è grande: un dedalo su quattro piani che dai binari sotterranei dell’alta velocità porta ai binari superiori. Sbagliare il percorso è un attimo, perdersi è facilissimo. Conosco bene la stazione e questo salva il mio tempo ma non ho tenuto in dovuto conto, io che faccio il giornalista, le notizie che dal giorno precedente rimbalzavano su tutte le agenzie nazionali e che narravano di maltempo da allerta rossa, di treni ridotti.
PER IL RAVENNATE TUTTO INTERROTTO
Così scopro che il collegamento TPER alla volta di Ravenna è cancellato fino a data da destinarsi. La zona di Ravenna, Forlì, Faenza, Lugo, Russi e cittadine vicine è completamente isolato. Il tabellone della stazione si erge su una folla convulsa di persone con i visi smarriti che ingrossano una enorme coda che si snoda fino alla sala informazioni di Trenitalia: la confusione fa da cornice alla sfilza di treni cancellati che si ripetono sul tabellone luminoso.
E’ in quel momento che scopro che Trenitalia, Tper, non ha previsto alcun bus sostitutivo. Inutile fare la fila che non promette niente di buono a giudicare le facce di chi con Trenitalia ci ha parlato ed esce sconsolato dall’area degli sportelli. Non c’è numero verde, numero a pagamento o chat di assistenza clienti di Trenitalia che funzioni: sono utenze congestionate che danno sempre il segnale di occupato.
L’unica soluzione è avventurarmi sotto la pioggia battente di una Bologna scura ed in allerta meteo e raggiungere l’Autostazione cittadina da dove partono tutti i collegamenti regionali. Sono circa 800 metri ma sotto la pioggia e con uno zaino con anche il computer portatile, un viaggio da Villa San Giovanni di circa 10 ore, inframmezzato da una pausa demenziale di 2 ore (dalle 3 di notte alle 5 del mattino) in una sguarnitissima stazione di Salerno, avanzare sotto l’acqua battente non è facile. E l’autostazione è il luogo dove ogni speranza di raggiungere la mia meta, Ravenna, si scioglie sotto l’acqua che cade impietosa e che già mi ha reso zuppo. Nessun collegamento: i paesi e le città del ravennate e non solo, sono completamente isolati. Non mi rimane che prendere una stanza in un b&b e passare la notte nella speranza che l’indomani qualcosa si sblocchi.
I DANNI COLLATERALI: “Mai accaduta una cosa così”
E’ la narrazione di un viaggio privato che da giornalista, alla luce dei fatti, non potevo che raccontare per dar voce a chi come me, ho visto disperarsi di fronte al blocco totale dei collegamenti che rende tutti ostaggi dell’emergenza a Bologna. E’ solo l’inizio di una disavventura che non è stata e non è solo la mia. Essa si accomuna con quella di tantissimi che dal 16 maggio scorso, ancora oggi, vivono arrivando alla stazione di Bologna dove chi vuol raggiungere casa, amici, parenti, familiari a Ravenna e città vicine non può farlo. Sono i danni collaterali di una alluvione infida che arriva dalla pioggia che scivola dalle montagne nei fiumi che si ingrossano e che allagano silenzioni annegando tutto quello che trovano. Ad oggi 14 morti e si spera che la lista non si allunghi.
Ognuno di questi miei compagni di viaggio ha una storia, una necessità, una speranza, un motivo che permette loro di superare lo sconcerto, nel 2023, di fronte alla fragilità di un territorio che si scopre inerme. “Un angolo di paradiso” mi dice un tassista “che adesso diventa un inferno. Chi l’avrebbe mai detto. In cinquantasei anni mai vista una cosa del genere“. L’analisi è cruda: l’Italia di fronte alle nuove emergenze meteo innescate dai cambiamenti climatici non è pronta. Il territorio non è sicuro, non è difeso, e non basta dichiarare un’allerta meteo per risolvere la faccenda, per evitare dispersi e vittime. Ho visto con i miei occhi gli allagamenti, la disperazione. Ho toccato con mano cosa vuol dire calcare quel territorio per il quale oggi si dichiara l’ennesima emergenza.
IL VIAGGIO NELL’ALLUVIONE: la paura dei tassisti
Come tanti non mi do per vinto e il giorno dopo torno all’Autostazione. La biglietteria non conosce quel che è la situazione liquida, è il caso di dirlo, ed in continuo cambiamento dei trasporti. Così, dopo aver deciso che l’unica è avvicinarsi a Ravenna, decido di comprare un biglietto per Lugo, a pochi chilometri di distanza. Ma scopro, al box di attesa del bus, che la compagnia, come tutte le altre, ha deciso di non effettuarla. Decido allora di perseverare nell’intento di avvicinarsi anche per abbandonare Bologna che non mi è stata di certo amica. Salgo quindi su un bus per Imola, molto più distante rispetto a Lugo, ma almeno è qualcosa. In queste situazioni ridurre la distanza è già qualcosa, aiuta a non mollare. La speranza è che ad Imola possa trovare quel taxi che a Bologna non ho trovato e che abbia il coraggio, dietro lauto pagamento, di avventurarsi e consentirmi di raggiungere la mia meta. Quando chiesi alla stazione di Bologna se qualcuno dei tassisti potesse accompagnarmi a Ravenna dietro ogni diniego ho avuto modo di leggere la paura negli occhi di ognuno che mi ha chiuso letteralmente in faccia il finestrino del proprio taxi, guardandomi come fossi un matto. Ma chi vuol proseguire nell’intento di raggiungere la propria meta per ricongiungersi con un proprio familiare non è pazzo. Ma anche ad Imola i tassisti hanno la stessa espressione di quelli bolognesi. Poi il miracolo: su internet trovo un autista NCC, Andrea, non dimenticherò mai il suo nome.
Mi risponde che si può fare: può portarmi a Ravenna, prendere con me il mio familiare e riportarmi indietro. Ma il percorso da fare è inusuale: si passa solo da Ferrara, ed io sono ad Imola. Accetto, è l’unica possibilità, prima che la situazione precipiti: domani è prevista una nuova allerta meteo, penso, e allora rimarrò bloccato chissà fino a quando. Passeremo, io e Andrea, tra gli allagamenti, le strade interrotte, dovremo evitare l’A14 completamente bloccata, ma almeno potremmo arrivare a destinazione.
DA IMOLA A BOLOGNA E SU FINO A FERRARA
Così da Imola, in treno, torno a Bologna e da lì risalgo l’Italia fino a Ferrara, dove ad attendermi c’è Andrea con la sua auto. Il resto è personale: sono arrivato, abbiamo anche superato quel fiume, il Lamone, che l’indomani, oggi rispetto a quando scrivo, si ingrosserà e quasi inghiotterà le strade di Ravenna.
ALLA FINE MESSINA
Arrivo e torno indietro. Torno a Messina con una Frecciarossa che copre un’Italia ferita con un ritardo di quasi due ore, ma è poca cosa.
Non tutti i miei compagni di viaggio, di attesa, di ricerca di soluzione, sono stati fortunati. Qualcuno è ancora lì, oggi con una nuova allerta rossa. Storie collaterali, che fanno da cornice ai dispersi, alle vittime, ma che narrano di un’Italia impreparata e che deve fare i conti con una falsa sicurezza che si sgretola di fronte alle nuove emergenze.
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