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Emergenza CRACK: da Palermo a Messina, passando per la marijuana. La storia di Giulio e il nostro reportage

- 05/11/2022
zavatteri

Non è un’emergenza solo palermitana. Non sono solo Ballarò o l’Albergheria i luoghi di spaccio, di deviazione e distruzione di tanti giovani, sempre più giovani, che a causa di una delle droghe più distruttive, il crack, stanno perdendo la vita. Anche Messina, ma anche in tutte le altre città, il crack, la droga a base di cocaina, sta dilagando come una macchia d’olio, almeno per due motivi: costa poco e si fuma come la marijuana.

EMERGENZA CRACK

Ieri a Palermo, a Ballarò, uno dei luoghi simbolo e più multiculturali di Palermo, col suo storico e popolarissimo mercato alimentare, si è ritrovato dietro uno striscione che ha riunito centinaia di persone in corteo contro la droga. Una fiaccolata che ha gridato basta ad un fenomeno drammatico ma che sembra non scuotere le coscienze di chi crede che sia “un problema degli altri“, di chi pensa che sia un problema di chi “per problemi familiari“, economici o sociali cade nel vortice breve e distruttivo del crack, di chi lo liquida come “un dramma degli altri“, un fenomeno “da TG” e che, tutto sommato dentro la propria casa “va tutto bene“.

Ognuno di noi, ogni padre, ogni figlio, ogni madre, ogni fratello o sorella, possono essere assuntori di crack” ha urlato una delle organizzatrici del concentramento di protesta a piazza Casa Professa.

casa professa
CRACK, ETA’ MINIMA 12 ANNI

E lo dicono i numeri, le relazioni annuali sull’uso dei stupefacenti tra i giovani: cresce la quantità di principio attivo nel crack, composto da cocaina e da sostanze dannose di ogni tipo, oltre il semplice bicarbonato, oltre gli antibiotici, i lassativi ed ogni altro farmaco di poco costo che possa aumentare il volume tagliando la cocaina base, incrementando il guadagno; cresce il numero di coloro, giovanissimi, che passano quasi “naturalmente” dalla marijuana al crack. Anche perché, oggi, una dose di crack costa anche meno di uno spinello. Una dose di cocaina “base” può costare anche solo 5 euro, un prezzo alla portata di mano di chiunque. E, infatti, la media di età minima di chi si accosta a questa sostanza si è abbassata fino ai 12 anni.

Così diventano spacciatori i ragazzini che si mettono davanti alle scuole, nelle discoteche, nelle piazze, ovunque.

LA DROGA “MALVAGIA”: GIOVANI E FAMIGLIE

Il crack è infido, malvagio. E’ stato studiato per dare un’immediata dipendenza: non esiste capacità di controllo, basta anche assumerlo una sola volta. “E’ come un pugno al cervello” dicono i neuropsichiatri, ma anche chi lo consuma: “è come un orgasmo moltiplicato per mille“. Diventa qualcosa dal quale non è possibile più liberarsi, non si riesce a farne più a meno. Così diventa l’unico pensiero della giornata, annientando famiglie e affetti. Non conta più nulla se non la prossima dose. E in un giorno si arriva a farsi anche più di 100 volte, perché l’effetto è breve, estremamente rapido: non più di 10 minuti. Una durata dello “sballo” che si riduce sempre più mano a mano che il corpo si abitua all’assunzione. E poi? Si cerca qualcosa di peggiore.

CRACK: I DANNI PSICHIATRICI E IL “NON AIUTO” DI STATO

Il crack fa danni molto più seri e irreversibili della cocaina o di altre droghe: distrugge i neuroni, “a pugni”, botta dopo botta. Nel giro di pochi mesi la maggior parte dei giovani che lo assumono sviluppano schizofrenia, malattie psichiatriche borderline. O slatentizzano patologie già esistenti, silenti, rendendole devastanti perché aggiungono disagio al disagio. Così il crack, ma anche l’eroina cui si tende per calmare la “botta”, diventa un “farmaco” per curarsi dal dolore che l’astinenza provoca. Un dramma nel dramma a cui fa seguito l’impossibilità concreta di essere aiutati e “curati” in Sicilia, al Sud Italia. E’ una tragedia quotidiana fatta di calvari indicibili delle famiglie che o abbandonano e fuggono, o si auto distruggono, a meno che non vengono aiutate. Un sistema fatto di Sert o Serd, oggi, che non funziona, che non può aiutare davvero, che non risolve, che si limita a trattare i casi come “pratiche” da sbrigare.

STORIA DI GIULIO E IL REPORTAGE

E poi ci sono le storie di chi ha subito il peggior epilogo di una storia di dipendenza. Come quella di Giulio Zavatteri. Giulio è morto in silenzio nella sua stanza. Una dose di eroina lo ha stroncato. E’ morto a soli 18 anni raggomitolato in posizione fetale, mentre suo padre, Francesco, farmacista, nella sua stanza stava facendo quello che ogni genitore fa pensando che il proprio figlio sia al sicuro nella sua stanza. “Mi fossi solo svegliato prima” si rimprovera Francesco che ho incontrato nella sua casa di Palermo. “Se solo avessi controllato” ripete, “avevo anche il Narcan (antagonista dell’eroina) in casa proprio per intervenire se fosse accaduto quello che non doveva accadere” ripete. Ma non può essere di un genitore la colpa di quel che è accaduto. Non lo è mai. Giulio era un ragazzo “prezioso” come lo definisce suo padre. Così come lo è ogni figlio. La sua intelligenza, le sue capacità, il suo futuro negato lo si intravede in ogni disegno, in ogni quadro, in ogni scritto che ha lasciato. Giulio era schiavo del crack, l’eroina è stato un “passaggio” che diventa obbligato per “abbassare la botta”. Un “passaggio” che è praticato, il più delle volte, con lo stesso procedimento dell’assunzione del crack: fumandola con la cocaina in un miscuglio chiamato con un sinistro nome inglese che non ha nulla a che fare con lo sport: lo Speedball. O anche per via endovenosa, con una siringa. Un “passaggio” che può diventare fatale, come lo è stato per Giulio.

Ho intervistato Francesco Zavatteri. Ma non è stata un’intervista. E’ stato un abbraccio da padre a padre che pubblicherò nei prossimi giorni. Perché di crack, di droga, di famiglie, di giovani, di disagi e di lotta a chi vende il veleno, che “conviene” più della marijuana, si deve parlare, anche urlando se è il caso, perché bisogna che si realizzi che può essere il dramma di ognuno di noi.

disegno di giulio

Un acquarello di Giulio Zavatteri