“Trovo profondamente ipocrita e vergognoso che vi sia chi sfrutti il dramma dei suicidi di detenuti in carcere per chiedere indulti o amnistie utili a fronteggiare il sovraffollamento dei penitenziari. E’ una soluzione che non ci convince affatto perché non è aprendo le porte delle celle e far uscire i detenuti la soluzione del problema. Serve invece la certezza della pena perché la verità è che la situazione penitenziaria resta allarmante e per questo il SAPPE ribadisce di essere pronto a fornire la nostra costruttiva collaborazione per mantenere al centro del dibattito politico il carcere e le esigenze di chi in esso lavora in prima linea, come le donne e gli uomini del Corpo di Polizia Penitenziaria. che nel solo primo semestre 2022 hanno sventato 814 tentativi di suicidio da parte di altrettanti detenuti”.
Lo dichiara Donato Capece, segretario generale del Sindacato Autonomo Polizia Penitenziaria, commentando la manifestazione di “Nessuno tocchi Caino” che si è tenuta oggi a Roma nei pressi del Ministero della Giustizia.
“Il suicidio in carcere è sempre una sconfitta per lo Stato e lascia tutti nello sconcerto, sia il personale operante che i detenuti ivi presenti. Il suicidio di un detenuto rappresenta un forte agente stressogeno per il personale di polizia e per gli altri detenuti”, aggiunge. “Il personale di Polizia Penitenziaria è stremato dai logoranti ritmi di lavoro a causa delle violente e continue aggressioni: per le carceri servono più formazione ed aggiornamento ma anche più tecnologia e più investimenti. La situazione resta allarmante, anche se gli uomini e le donne della Polizia Penitenziaria garantiscono ordine e sicurezza pur a fronte di condizioni di lavoro particolarmente stressanti e gravose”. “La sorveglianza dinamica nei penitenziari italiani ha mostrato tutti i suoi limiti, è evidente!”, prosegue il leader del SAPPE.
“Per avere un carcere sempre più sicuro occorrerà pensare ad un insieme di misure e strategie che rendano la vita dei detenuti sicura, quella degli Agenti meno problematica e quella della macchina meno complessa e più efficace. Va bene la tutela dei diritti, ma si parta da quelli dei poliziotti e delle persone per bene. Ogni giorno nelle carceri italiane succede qualcosa, ed è quasi diventato ordinario denunciare quel che accade tra le sbarre. Così non si può andare più avanti: è uno stillicidio continuo e quotidiano”.
“Eventuali amnistie, indulti e condoni servono a poco se poi non seguono riforme strutturali: ed è dunque del tutto ipocrita invocare soluzioni del genere per fare fronte ad un problema reale che vede coinvolti in primis gli appartenenti al Corpo”, conclude Capece. “Piuttosto, servirebbe un potenziamento nell’ambito dell’area penale esterna, con contestale nuovo contesto ed impiego operativo del personale di Polizia Penitenziaria, per coloro i quali si trovano nelle condizioni previste dalle leggi”.