(ANSA) – CATANIA, 02 SET – “Il tentativo di fecondazione è andato a buon fine e la signora ha condotto una gravidanza regolare fino alla 30esima settimana quando ha contratto il Covid ed è stata pertanto ricoverata nella sezione della Ginecologia del Cannizzaro dedicata alle pazienti positive”.
Così Paolo Scollo, direttore del reparto di Ostetricia e ginecologia dell’ospedale Cannizzaro di Catania, Unità operativa complessa clinicizzata dell’università Kore di Enna, sul caso di Alessandra, la piccola nata dalla donna che ha ricevuto il primo trapianto di utero realizzato in Italia.
“L’infezione – spiega Scollo – è stata per un certo tempo asintomatica ma, qualche giorno fa, un episodio di febbre alta e conseguenti contrazioni ci ha indotto a procedere con un taglio cesareo”.
Il parto è così avvenuto alla 34esima settimana. “Madre e figlia – aggiunge Scollo – sono state quindi trasferite in terapia intensiva: la donna nel reparto adulti, la bambina nell’unità di Terapia intensiva neonatale, dove è sottoposta a terapia antibiotica, di prassi per i prematuri, e ad assistenza respiratoria non invasiva. Entrambe si trovano in condizioni stabili”.
“È stato un trapianto estremamente complesso – ricostruisce Pierfrancesco Veroux, professore ordinario di Chirurgia vascolare e trapianti dell’Università di Catania che ha eseguito l’intervento – che ha presentato sin dall’inizio le difficoltà tecniche che ne limitano l’uso estensivo nel mondo. In questo caso l’utero, sin dal ‘declampaggio’ dei vasi, ha mostrato una grande vitalità che ha poi permesso grazie a una perfusione ottimale di ‘vivere’ nella paziente e di portare a termine una gravidanza quanto mai attesa”. “Il Centro trapianti da me diretto – sottolinea Veroux – ha seguito in questi due anni con cadenza settimanale la futura mamma per monitorare le condizioni cliniche. L’utero trapiantato, al momento della nascita della ‘nostra’ piccola Alessandra, ha confermato la piena funzionalità, facendo ben sperare per il futuro”.
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