Una bomba alla stazione, esplosa alle 10.25 nella sala d’aspetto della seconda classe. Un sabato mattina d’estate, ai primi d’agosto per di più, che per tanti segnava l’inizio delle vacanze. Un sabato, giorno di partenze per antonomasia. Ci furono 85 morti e 200 feriti nella strage alla stazione di Bologna del 2 agosto 1980. La più piccola aveva 3 anni e si chiamava Angela Fresu, il più anziano era Antonio Montanari, 86 anni. La bomba, composta da 23 chilogrammi di esplosivo, fece crollare un tratto di edificio lungo 50 metri, l’onda d’urto investì il treno Ancona-Chiasso fermo sul primo binario e distrusse il parcheggio dei taxi davanti alla stazione. Fu considerato il più grave attentato terroristico commesso in Italia e in Europa nel secondo dopoguerra.
Da quel giorno sono passati 42 anni e oggi, come ogni anno, “Bologna non dimentica” come cita lo striscione che puntualmente apre il corteo che da piazza Maggiore raggiunge la stazione e la città celebra la memoria di quella strage scendendo in piazza.
In via Indipendenza sfilerà anche quest’anno l’autobus di linea 37, che quel giorno venne utilizzato per trasportare i feriti e poi anche i corpi delle vittime, nascosti alla vista dai lenzuoli bianchi attaccati sui finestrini, tanto da diventare uno dei simboli della strage. Insieme all’orologio della stazione, che si ruppe e si fermò per sempre. Fu sostituito, ma per scelta venne lasciato fermo alle 10.25, orario dell’esplosione della bomba.
A Bologna oggi arriveranno “persone da tutta Italia” e ci saranno anche “più parenti” rispetto alle passate edizioni, “nonostante il Covid”. A dirlo è il presidente dell’associazione dei parenti delle vittime della strage alla stazioni di Bologna, Paolo Bolognesi, che ieri mattina ha dato il via alle cerimonie in ricordo del 2 agosto 1980 con la consueta manifestazione al cippo di Villa Torchi, dedicato ai sette bambini uccisi dallo scoppio della bomba in stazione. I bambini delle scuole Mader (che da quest’anno portano il nome proprio di due piccole vittime della strage) hanno deposto la corona di fiori al monumento, insieme alle staffette podistiche della memoria. Presente anche Miriam Ridolfi, assessore comunale quel 2 agosto 1980, che ogni anno realizza progetti con le scuole per ricordare la strage e che quest’anno ha collaborato con gli studenti delle Aldini.
“NELLO STATO CI SONO ANCORA PERSONE CHE NON VOGLIONO LA VERITÀ”
“Attraverso la scuola, la cultura, i monumenti e la memoria dobbiamo continuare a raccontare e riflettere sul dolore e su cosa voleva attuare chi ci ha ferito- afferma il sindaco di Bologna, Matteo Lepore- le Istituzioni esistono per difendere le persone e abbiamo bisogno di Istituzioni buone, che proteggono e difendono i cittadini. Ci sono ancora oggi all’interno dello Stato persone che non vogliono la verità. Di quale riscatto della Patria parliamo se ancora oggi non si ha il coraggio di dire la verità sul 2 agosto a Bologna?”.
IL PROCESSO AI MANDANTI
Il sindaco fa più volte riferimento al processo ai mandanti. E alla sentenza di primo grado si richiama anche Bolognesi. “I terroristi pagati per fare la strage senza i servizi segreti a tenerli per mano non sarebbero andati da nessuna parte- afferma il presidente dell’associazione dei parenti delle vittime- l’omertà è ancora molto insistente, ma per fortuna qualcuno ha parlato”. I vertici dei servizi segreti che misero in atto il depistaggio, continua Bolognesi, “furono nominati dal Governo guidato da Andreotti, con l’avvallo di Cossiga allora ministro dell’Interno. E questo non va dimenticato- incalza il presidente- quando si parla di schegge impazzite dello Stato si limita la responsabilità dei politici che hanno nominato quelle persone”.
Per la vicepresidente della Regione, Elly Schlein, la strage “è una ferita mai pienamente rimarginata, ma è giusto così perchè ci serve per portare avanti la memoria e l’impegno. Quest’anno siamo qui con il cuore più pieno accanto ai familiari delle vittime perchè si è chiuso il primo grado del processo ai mandanti. Quella sentenza è stata aspettata troppo a lungo, segna un passo avanti nell’individuazione di chiare responsabilità. Non ci fermeremo per continuare a fare piena luce”. Per Federica Mazzoni, presidente del Quartiere Navile e segretaria del Pd di Bologna, “la battaglia per avere verità e giustizia sarà sempre la nostra priorità. Non è vero che la storia italiana è piena di misteri. Sulla strage di Bologna è arrivata una sentenza fondamentale, non solo per Bologna ma per tutta Italia. È stata una strage politica che voleva destabilizzare la nostra vita democratica. E come cittadini ne dobbiamo essere consapevoli”.
Silvia Zamboni, vicepresidente dell’Assemblea legislativa, aggiunge: “Quest’anno non ci sono più alibi per strane ricostruzioni e per fantomatiche piste palestinesi“. Anche Andrea De Maria, deputato Pd, evidenzia che “i nuovi processi in corso stanno facendo luce sui mandanti della strage e su quella ‘strategia della tensione’ che ha profondamente segnato la storia del Paese. Un risultato di grandissimo valore per la nostra democrazia, che è prima di tutto frutto dell’impegno e della determinazione della associazione dei familiari delle vittime”. La verità giudiziaria “che sta arrivando a fare piena luce su ispiratori e depistatori della strage” per De Maria “resiste alla riproposizione di piste alternative, che si dimostrano ogni giorno di più prive di fondamento. Stavamo poi per approvare alla Camera la legge per le vittime del terrorismo, a mia prima firma e sottoscritta da tutti i gruppi parlamentari. Come ha chiesto con grande determinazione Paolo Bolognesi deve essere impegno di tutti approvarla nella prossima legislatura”.
dire.it
LA PISTA PALESTINESE
Bolognesi ricorda poi la cosiddetta pista palestinese. “Il primo versamento di denaro per creare piste internazionali è del febbraio 1979– ricorda il presidente- la pista palestinese non è altro che un’elaborazione piduista. E le false dichiarazioni risalgono ancora al 2019, quindi la verità del processo ai mandanti va a toccare assetti ancora attuali”.