“L’allarme lanciato dal ministro Lamorgese è pienamente condivisibile: in presenza di situazioni di questo tipo, il pericolo che i minori cadano nelle mani di organizzazioni criminali è molto elevato”. Carla Garlatti, da un anno e mezzo Autorità garante per l’infanzia e l’adolescenza, conferma all’AGI quanto sia concreto il rischio che i minori ucraini in fuga dalla guerra finiscano vittime di tratta o di sfruttamento, lavorativo e sessuale: “Un allarme che ho già ribadito in diverse occasioni, che vale per il nostro come per tanti altri Paesi europei – premette Garlatti – e di cui l’Enoc, la Rete europea dei Garanti per l’infanzia e l’adolescenza, e l’Egn, l’European guardianship network, hanno piena consapevolezza. La preoccupazione è grande”.
Evidente la differenza con i minori stranieri non accompagnati “che continuano ad arrivare da Paesi africani, dal Pakistan, dal Bangladesh, e che fuggono da crisi economiche o da situazioni di guerra: loro sì che sono davvero soli, con vissuti molto complicati e ‘viaggì durati anche due anni”.
Fenomeni davvero molto lontani, “laddove si consideri che l’età media dei minori stranieri non accompagnati supera i 17 anni mentre gli ucraini rientrano prevalentemente nella fascia anagrafica 7-14 anni; e che mentre i primi hanno un nuovo progetto di vita in Italia o in altri Paesi, gli ucraini sperano di tornare a casa. Non a caso sin qui il loro inserimento scolastico è stato contenuto, visto che quando possono continuano a seguire le lezioni in dad dal nostro Paese”.
“C’è un altro punto – conclude Carla Garlatti – sul quale occorre fare estrema chiarezza: i minori ucraini che arrivano in Italia hanno diritto all’accoglienza, si spera temporanea, ma non sono in alcun caso ‘candidati’ potenziali all’adozione. Qui non si tratta di minori abbandonati, non lo sono nemmeno quelli che arrivano dagli orfanatrofi ucraini che spesso, se non nella maggior parte dei casi, ospitano piccoli che provengono da famiglie alle prese con problemi di natura economica o con delle disabilità, ma che a volte hanno ancora i genitori o comunque conservano una rete parentale”.
AGI