Domani, venerdì 15 ottobre entrerà in vigore il Green Pass obbligatorio per tutti i lavoratori e l’attesa è per le proteste che in parte si sono già innescate nei porti, come quello di Ancona.
Se a Palermo solo il 7% dei lavoratori non è in possesso del Green Pass, non può dirsi lo stesso a Messina dove il numero di lavoratori del comparto porti e trasporti potrebbe essere molto più cospicuo. A livello nazionale il 30% degli autotrasportatori non è munito di green pass, così come ben l’80% degli autisti stranieri, proprio quelli che trasportano le materie prime in Italia. Rischio venerdì “nero”? Il pericolo c’è tutto e va da Trieste alla Sicilia. Il punto nodale è il tampone gratuito per i lavoratori. La questione è, quindi, se dovrà essere a carico dei lavoratori o del Governo.
“Senza un intervento del Governo saremo costretti a bloccare le attività del porto” I lavoratori portuali di Trieste non fanno un passo indietro e chiedono a gran voce il ritiro dell’obbligo di presentazione del green pass sui posti di lavoro. “Contestiamo con forza la scelta del Governo – ha detto a SkyTg24 Stefano Puzzer, coordinatore dei lavoratori portuali di Trieste – e senza un passo indietro sul gren pass andremo avanti ad oltranza con la nostra protesta“.
“Noi a lavorare ci vogliamo andare, perché portiamo il pane a casa così. E anche le aziende vogliono lavorare: ecco perché ci deve essere una mediazione, per forza. Non è una guerra“. La testimonianza, raccolta dall’AGI, è di Josè Nivoi, portavoce del Calp Genova (Collettivo autonomo lavoratori portuali) e dirigente sindacale USB, spiegando la posizione sull’obbligo di Green pass e annunciando per domani un presidio dei lavoratori dello scalo davanti a palazzo San Giorgio, sede dell’Authority.
“Il presidio di domani rientra in questa posizione – dice – Se però, anche sulla base di una cosa ragionevole come la gestione del tampone, loro (aziende, ndr) non accolgono la proposta o hanno ‘niet’ totali, certamente impugniamo questa decisione, non sulla base di posizioni no vax o no green pass, ma sulla base della sicurezza dei lavoratori“.
Sebbene infatti alcune grandi aziende, Psa e Sech in primis, hanno dato parere favorevole alla gratuità dei tamponi per i lavoratori, molte altre ancora non si sono espresse in merito, come GNV ad esempio. Ma le soluzioni si possono trovare In Italia esiste la Croce rossa italiana con cui Stato o Regioni possono fare accordi, mettere a disposizione delle aziende degli hub prima dell’ingresso delle aree portuali.
Le soluzioni si possono trovare, ma se le risposte sono solo “no” questo crea per forza lo scontro. La mediazione va trovata perché l’obiettivo deve essere tutelare il lavoro e il lavoratore: “Il vaccino è un mezzo per tutelare la vita dei lavoratori, ma non è l’unico modo per tutelarla – dice Nivoi all’AGI – Anche chi ha il vaccino infatti può essere portatore di covid, quindi se si vogliono evitare focolai covid, bisogna che si attuino delle procedure per evitare contagi: un modo è il tampone. Non è possibile però che sia a carico dei lavoratori“.
“Il rischio che si blocchi tutto è oggettivo – spiega all’AGI, Ivano Russo, direttore generale di Confetra – noi abbiamo in Italia circa 900mila addetti tra autotrasportatori, corrieri e operatori di magazzino, abbiamo una media del 25-30% non munito di green pass. Il 30% circa degli autotrasportatori è senza il certificato verde. È chiaro che se sottrai un terzo di forza lavoro a un settore già in affanno, da un lato perché è in crescita, dall’altro perché mancano circa 5mila autisti, vai verso una decapitazione dell’attività di consegna”.
Per Russo, “il problema grave è quello degli autotrasportatori che vengono dall’estero e che portano la stragrande maggioranza delle materie prime che mandano avanti l’industria: noi importiamo oltre il 50% del fabbisogno nazionale di grano, tutte le materie prime e le componenti chimiche per la nostra industria manifatturiera.
Tutto il 50% di quello che entra in Italia arriva via camion. Faccio un esempio, gli autotrasportatori turchi che portano argilla in Italia non verranno più da venerdì e quindi che fine fa la fabbrica che produce piastrelle? Sono due fronti: uno riguarda le nostre imprese e i nostri lavoratori, l’altro l’autotrasporto dall’estero considerando che le campagne vaccinali non si sono fatte per nulla o sono fallite in Russia o in numerosi paesi dell’est e circa l’80% degli autotrasportatori stranieri non è vaccinato“.
Confetra chiede quindi che “venga introdotto l’obbligo vaccinale e che in un settore fortemente internazionalizzato come questo, per gli autotrasportatori in arrivo dall’estero valgano le regole attuali di prevenzione“.
Sulla stessa linea, Paolo Uggè, presidente nazionale Conftrasporto-Confcommercio. “Il rischio paralisi esiste – afferma Uggè – e per questo stiamo lavorando e fornendo suggerimenti utili per il trasporto su gomma e la logistica in generale per evitare che di determini una situazione in cui alcuni facinorosi si inseriscano. Il green pass è una modalità non applicata in Europa come da noi, un conto è il vaccino un conto è il certificato verde.
La situazione è migliore di un anno fa, e la domanda è: ma se allora abbiamo trovato delle soluzioni perché i trasporti non si fermassero e abbiamo realizzato un protocollo con il ministero, i sindacati e le associazioni, perché non andare avanti ad applicare quel protocollo consentendo uno slittamento di tre mesi per introdurre l’obbligo vaccinale? Stabiliamo un termine che può essere il 31 dicembre entro il quale il vaccino sia obbligatorio. Gli autotrasportatori senza green pass sono circa il 30% e sono soprattutto quelli provenienti da paesi esteri. Il tampone – conclude – può essere utilizzato ma non si può fare un tampone ogni 3 giorni. La soluzione è il vaccino per tutti entro un determinato termine“.
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