
La scena più esilarante ma anche la più drammatica di questo black out dei maggiori social mondiali la si scopre proprio fuori dalla sede di Facebook, dove i dipendenti del colosso americano si scoprono incapaci di accedere al proprio posto di lavoro. I badge non funzionano.
E allora? Si deve ricorrere al “vecchio sistema” e far aprire le porte alla vecchia maniera: senza supporti elettronici. Impensierisce non poco quanto sta accadendo, soprattutto alla luce delle recenti dichiarazioni di una ex dipendente di Facebook che ne ha denunciato tutto il cinismo che , secondo le sue dichiarazioni, si cela dietro gli algoritmi del social per eccellenza. E proprio poco dopo queste dichiarazioni, crolla il sistema informatico di Facebook: un problema con i DNS, sembrerebbe. Come dire che sono spariti gli indirizzi di consegna a disposizione della squadra di impiegati che devono effettuarle e che non sanno più dove devono andare a farle.
Un guasto “banale” ma devastante e che non potrà essere ripristinato in poco tempo. Il blackout iniziato in Italia intorno alle 17.30, le 11.30 in America, scopre tutte le debolezze e le ansie di un popolo che dei social è letteralmente prigioniero e che della “libertà” ritrovata adesso ha paura.
Ma cosa sta accadendo davvero? In queste ore, nell’immediatezza delle dichiarazioni della “gola profonda” ex dipendente Facebook, l’azienda ha subito fortissime perdite in borsa. Il titolo Facebook ha chiuso con una perdita secca di quasi il 5%.
“Questo è epico“, ha affermato Doug Madory, direttore dell’analisi di Internet per Kentik Inc, una società di monitoraggio e intelligence della rete. L’ultima grave interruzione di Internet, che ha messo offline molti dei migliori siti Web del mondo a giugno, è durata meno di un’ora. La società di consegna di contenuti colpita in quel caso, Fastly, ha dato la colpa a un bug del software attivato da un cliente che ha modificato un’impostazione.
L’unico commento pubblico di Facebook finora è stato un tweet in cui riconosceva che “alcune persone hanno problemi ad accedere (all’) app di Facebook” e che stava lavorando per ripristinare l’accesso.
Ma l’impatto è stato molto peggiore per una moltitudine di quasi 3 miliardi di utenti di Facebook, mostrando quanto il mondo faccia affidamento su di esso e sulle sue proprietà: per gestire attività, connettersi con comunità di affinità, accedere a più altri siti Web e persino a ordinare il cibo.
Twitter al posto di Facebook? In molti sono corsi su Twitter, ma non sembra sia “la stessa cosa”.
Nonostante la presenza di Twitter, Telegram, Signal, TikTok, Snapchat e uno stuolo di altre piattaforme, nulla può veramente sostituire il social network che si è evoluto in 17 anni in un’infrastruttura tutt’altro che critica. La richiesta di Facebook di lunedì di respingere una denuncia antitrust rivista contro di essa da parte della Federal Trade Commission perché affronta una forte concorrenza da parte di altri servizi sembrava suonare un po’ vuota.
La causa dell’interruzione rimane poco chiara. Madory ha affermato che sembra che Facebook abbia ritirato le “route DNS autorevoli” che consentono al resto di Internet di comunicare con le sue proprietà. Tali percorsi fanno parte del Domain Name System di Internet, un componente centrale di Internet che ne dirige il traffico. Senza Facebook che trasmette i suoi percorsi su Internet pubblico, app e indirizzi Web semplici non potrebbero individuarlo.
Così tante persone fanno affidamento su Facebook, WhatsApp o Instagram come modalità di comunicazione primaria che perdere l’accesso per così tanto tempo può renderle vulnerabili ai criminali che approfittano dell’interruzione, ha affermato Rachel Tobac, hacker e CEO di SocialProof Security.
Errore umano? Potrebbe essere. Ma di certo solo responsabilità all’interno di Facebook stessa. Aggiornamento non andato a buon fine? Appare strano che un colosso del genere non abbia previsto un “via di ripristino” in caso di guai. Altro? Di certo dopo le dichiarazioni della Haugen, l’informatica ex dipendente, il colpo è stato forte ed altrettanto estreme potrebbero essere le contromisure.
Una grave crisi quella scatenata dall’informatica Frances Haugen, ex product manager di Facebook, che ha fornito al Wall Street Journal documenti interni che hanno messo in luce la consapevolezza dell’azienda dei danni causati dai suoi prodotti e decisioni.
Haugen aveva anche presentato denunce in forma anonima alle forze dell’ordine federali sostenendo che la ricerca di Facebook mostra come amplifica l’odio e la disinformazione, che la porta ad una maggiore polarizzazione e che Instagram, in particolare, può danneggiare la salute mentale delle ragazze adolescenti.
Le storie del Journal, chiamate “The Facebook Files”, hanno dipinto un’immagine di un’azienda focalizzata sulla crescita e sui propri interessi sul bene pubblico. Facebook ha cercato di minimizzare la ricerca. Nick Clegg, vicepresidente della politica e degli affari pubblici dell’azienda, ha scritto ai dipendenti di Facebook in una nota venerdì che “i social media hanno avuto un grande impatto sulla società negli ultimi anni e Facebook è spesso un luogo in cui si svolge gran parte di questo dibattito. “
Twitter, nel frattempo, è intervenuto dall’account Twitter principale dell’azienda, pubblicando “ciao letteralmente a tutti” mentre battute e meme sull’interruzione di Facebook hanno inondato la piattaforma. Più tardi, come uno screenshot non verificato che suggeriva che l’indirizzo facebook.com era in vendita, il CEO di Twitter Jack Dorsey ha twittato, “quanto?”