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Intestazione fittizia di realtà societarie, beni immobili ed autovetture, in realtà riferibili occultamente al padre. E’ questa l’accusa con la quale Stefania Sparacio, 26 anni, è stata sottoposta stamane a misura cautelare personale e reale con il sequestro di due attività collegate alla movida messinese, site in Corso Cavour a Messina. Le indagini evidenzierebbero che la donna avrebbe assunto fittiziamente la titolarità di tali attività come escamotage per eludere le disposizioni in materia di misure patrimoniali previste dal Codice Antimafia, ovvero di agevolare la commissione di altri delitti, quali ricettazione, riciclaggio e impiego di denaro, beni o utilità di provenienza illecita
Imputazioni provvisorie e che dovranno trovare conferma in dibattimento e nei successivi gradi di giudizio.
Ma quello che ca…risponde a telefono, lui si deve stare dietro al banco… va e rimproveralo.… non deve rispondere lui al telefono…cos’è questo bordellino….lunedì se ne deve andare…troppo babbo è.
Nel corso delle indagini tecniche nel tempo effettuate è emerso come il padre prendesse decisioni autonome, senza minimamente interpellare la figlia, solo formale titolare, come nel caso in cui rimproverava telefonicamente il sodale Mario Alibrandi addirittura per aver fatto rispondere al telefono il banconista, disponendo anche di licenziarlo: “Ma quello che ca…risponde a telefono, lui si deve stare dietro al banco… va e rimproveralo.… non deve rispondere lui al telefono…cos’è questo bordellino….lunedì se ne deve andare…troppo babbo è”.
Ancora, parimenti, emergeva come al boss Salvatore Sparacio fosse rimessa anche la gestione economica degli esercizi di ristorazione oggi sottoposti a sequestro: “… gli dobbiamo dare una stretta alle spese…… sono due giorni che faccio spese in continuazione e non va…”.
Tali convergenti elementi indiziari, uniti ad una analitica ricostruzione delle disponibilità patrimoniali acquisite nell’ultimo ventennio dal boss Salvatore Sparacio e dai componenti del suo nucleo familiare – finalizzato a verificare la compatibilità delle disponibilità patrimoniali rispetto alle lecite capacità reddituali dichiarate – e che restituivano un quadro di evidente sperequazione tra gli incrementi patrimoniali rispetto al reddito legittimamente prodotto, consentivano al competente Giudice di disporre l’odierno provvedimento.
In tal senso, quindi, venivano condivise le richieste formulate dalla Procura della Repubblica di Messina, ritenendo la donna un mero “schermo” del padre, consapevole del rischio di incorrere in provvedimenti di sequestro in relazione alla sua caratura criminale.
Stefania Sparacio era titolare anche di immobili ed attività riferibili, secondo l’ipotesi accusatoria, sempre al padre Salvatore Sparacio cl. 75, figlio di Rosario, fratello dello storico boss Luigi Sparacio, poi divenuto collaboratore di giustizia. Salvatore Sparacio è recentemente balzato agli onori della cronaca nell’ambito dell’operazione antimafia denominata “PROVINCIALE” con la quale, tra l’altro, nel decorso mese di aprile 2021, veniva disarticolata l’operatività criminale del gruppo facente capo al predetto ed ai suoi membri storici, Mario Alibrandi. cl. 74, Carlo Cafarella cl. 81, Letterio Cuscinà, cl. 77 e Antonio Scavuzzo. cl. 84, operante nel territorio del centro cittadino, presso il “Rione Ariella”, meglio conosciuto come “Fondo Pugliatti”.