Al Comune di Palermo vigeva il “Timbro Liberi Tutti”: nei guai 28 furbetti del cartellino
PALERMO, 9 LUG – Otto dipendenti comunali ai domiciliari, per altri 20 l’obbligo di dimora e di presentazione alla polizia giudiziaria. E’ il bilancio dell’operazione della Guardia di Finanza di Palermo denominata “Timbro Liberi Tutti” che ha disvelato un sistema di assenteismo al Comune di Palermo che permetteva illecitamente di andare a fare la spesa, jogging, andare dal parrucchiere, effettuare scommesse presso centri bet nonostante figurassero presenti al lavoro. Sono i nuovi “furbatti del cartellino” che la Guardia di Finanza ha smascherato grazie ad intercettazioni ambientali e video. In 28 sono stati sottoposti a varie misure cautelari con l’accusa di truffa in danno di un ente pubblico e falsa attestazione. In molti rischiano fino al licenziamento in tronco. Sono tutti dipendenti del Comune di Palermo (11), del Co.I.M.E. (3) e della Re.Se.T. (14), in servizio presso i Cantieri Culturali della Zisa. Tra di loro anche un soggetto indagato per mafia.
Le indagini
L’attività di indagine è stata svolta dagli investigatori del nucleo di polizia economico-finanziaria di Palermo-gruppo tutela mercato beni e servizi, diretto dal colonnello Gianluca Angelini. Sono state utilizzate videoriprese, pedinamenti , appostamenti ed esami documentali. E’ stato possibile così fare emergere numerosi episodi di assenteismo perpetrati dai dipendenti infedeli che, secondo le indagini, dopo aver attestato la propria presenza in servizio, ma che si allontanavano arbitrariamente dal luogo di lavoro dedicandosi ad attività di natura privata e personale. Numerosi e frequenti i casi di timbrature multiple da parte di un singolo soggetto per conto di diversi colleghi in realtà non presenti al momento della timbratura.
In alcuni casi veniva fatto illegittimamente ricorso allo strumento straordinario della «rilevazione manuale», che consente in caso di «dimenticanza» del proprio badge personale, di attestare la propria presenza tramite comunicazione scritta. In questo modo gli indagati pensavano di aggirare la rilevazione automatica, che tuttavia i finanzieri hanno puntualmente ricostruito. Una telecamera nascosta proprio a ridosso dell’apparecchio per la rilevazione elettronica delle presenze ha consentito, in poco più di tre mesi, di registrare oltre mille casi che hanno determinato una falsa rendicontazione per un ammontare complessivo di circa 2.500 ore di servizio in realtà mai prestate.
Le misure cautelari: i nomi
Ai domiciliari sono finiti Dario Falzone, 69 anni, Antonio Cusimano, 60 anni, Gaspare Corona, 68 anni, Mario Parisi, 61 anni, Francesco Paolo Magnis, 61 anni, Salvatore Barone, 47 anni, Giancarlo Nocilla, 48 anni, Tommaso Lo Presti, 50 anni. Altri 14 sono sottoposti all’obbligo di dimora e di presentazione alla p.g.: S.F. 51 anni, M.G. 53 anni, C.S. 66 anni, P.M. 55 anni; G.R. 43 anni, C.F. 42 anni, C.S. 46 anni, R.S. 61 anni, C.I. 60 anni, T.F.P. 48 anni, V.M. 56 anni, N.M. 53 anni, N.D. 38 anni, D.V.57 anni. Altri 6 sottoposti all’obbligo di presentazione alla p.g.: M.A. 58 anni, D.C.M.A. 44 anni, P.F. 60 anni, M.M. 56 anni, M.F. 62 anni, F.F. 63 anni.
«L’attività investigativa – ha detto il generale della Guardia di Finanza Antonio Nicola Quintavalle Cecere, comandante provinciale di Palermo – ha svelato l’esistenza di un fenomeno illecito estremamente diffuso all’interno della struttura pubblica cittadina, un contesto di quasi assoluta anarchia amministrativa, un modus operandi divenuto cronico a tal punto da essere considerato come un comportamento “normale”». «Alcuni degli indagati – ha spiegato – hanno costituito delle vere e proprie «squadre di lavoratori assenteisti» che provvedevano ad effettuare reciprocamente la timbratura dei badge dei propri compagni in modo da non far risultare i periodi di assenza dal lavoro. Purtroppo registriamo ancora una volta la sistematica violazione dei principi di diligenza, lealtà e buona condotta che i pubblici dipendenti sono tenuti ad osservare».
«L’aspetto più allarmante – ha detto Gianluca Angelini comandante del nucleo di polizia economico-finanziaria di Palermo che ha condotto le indagini – è il diffuso senso di impunità che ha permeato un significativo numero di pubblici dipendenti che si sono sentiti liberi di violare sistematicamente le regole del rapporto di impiego. Comportamenti questi che determinano un danno economico e di immagine per la pubblica amministrazione e che incidono negativamente sulla qualità dei servizi offerti ai cittadini».