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Covid e protocollo domiciliare: “Sbagliato attendere”, come comportarsi secondo il dottor Fabrizio Salvucci

- 08/01/2021
salvucci

 

8 gennaio 2021

Fabrizio Salvucci è un medico cardiologo di Pavia, che ha sperimentato su sé stesso e la sua famiglia l’esperienza del Covid. E’ un medico che ha identificato tra i primi, la causa di morte da Covid. E’ un medico che fa parte di un gruppo di altri 200 che ha rielaborato il protocollo da adottare in caso di sintomi da Covid, durante la permanenza in isolamento domiciliare. Il suo imperativo è “non attendere l’esito del tampone, ma agire subito ai primi sintomi con una terapia antinfiammatoria che aggredisca il processo che potrebbe portare alla polmonite bilaterale da Covid“.

Durante la prima ondata avevo deciso di dare il mio contributo in ospedale. Io e una mia collega effettuavamo ecocardiogrammi a tutti i pazienti Covid in entrata al pronto soccorso, a quelli ricoverati nel reparto appositamente attrezzato e ai degenti della terapia intensiva”. Il cardiologo ha assistito anche malati in punto di morte “All’atto del decesso non si verificava alcuna aritmia. I veri problemi erano rappresentati dai trombi, che alteravano la funzionalità del cuore destro. In sede autoptica si è poi appurato che circa il 20% dei deceduti soffrisse di miocardite, tuttavia la causa effettiva di morte era l’ingrossamento del cuore destro: si ingrandiva e si arrestava lentamente, in una asistolia mai vista prima di allora”, rivela il medico. Che aggiunge: “Tra la fine di marzo e l’inizio di aprile abbiamo inoltre scoperto che l’età dei ricoverati in terapia intensiva non superava i sessant’anni e che i casi gravi erano rappresentati da malati colpiti, nella loro permanenza a casa, da febbre alta per una o due settimane, a volte addirittura per un mese. L’osservazione di questi casi ci ha permesso di intuire che l’unica soluzione doveva essere il trattamento precoce dell’infiammazione”.

 

 

Il processo della malattia da Covid-19 si può quindi descrivere in tre fasi: “Durante la prima compaiono i sintomi, molto variabili, ma che vanno stroncati sul nascere con gli antiinfiammatori. La vigile attesa, sostenuta anche da certi protocolli, rappresenta invece un gravissimo errore: è sbagliato attendere, bisogna agire immediatamente. Se il paziente non viene trattato prontamente, entra nella seconda fase, quella dello sviluppo dell’autoimmunità. Il peggioramento improvviso delle condizioni cliniche è infatti correlato alla presenza di autoanticorpi, causa di vasculiti e, in alcuni bambini, della sindrome di Kawasaki. Nell’ultima fase si verificano i trombi, che portano infine al decesso. Fortunatamente abbiamo a disposizione dei farmaci, che però vanno somministrati rispettando tempi e modalità, affinché siano efficaci

Nei suoi video, conosciuti in tutto il web, il dottor Salvucci chiarisce il perché il protocollo domiciliare di origine cinese non funziona: “Attendere l’esito del tampone e non fare nulla è sbagliato. Usare solo tachipirina non serve a difendersi dalla malattia. Bisogna agire invece con farmaci a dosi preordinate come la nimesulide, un antinfiammario, come l’Aulin, l’Oki, accompagnati da dosi di protezione di Omeoprazolo, un gastro protettore“.

Insomma la “strategia di attesa” che ha caratterizzato la prima ondata per chi era in isolamento domiciliare, secondo Salvucci, ha determinato l’aggravarsi di tante persone che giungevano poi in ospedale in condizioni critiche ed irreversibili, cagionando loro la morte. Un protocollo che è ancora in uso e che, grazie a Salvucci ed altri 200 medici, sta per essere sostituito da un nuovo protocollo basato su interventi mirati che Salvucci stesso spiega nei suoi video. Quello allegato è di poche ore fa, rispetto alla nostra pubblicazione.