28 dicembre 2020
La mattina del 28 dicembre del 1908, alle 5:20 e 27 secondi un terremoto di intensità pari al decimo grado su 12 della scala Mercalli, provocò morte e distruzione sulle rive di Messina e di Reggio Calabria.
Questa la storia, dietro la quale, come si usa da queste parti, vi è anche un’ombra di leggenda. C’è la “mavaria“, l’ombra della cosiddetta “malanova“, la maledizione, cioè, quella di una donna che avrebbe formulato contro la città la sera prima del sisma. La maledizione di una madre alla quale avevano arrestato il figlio, che lei diceva ingiustamente perché innocente, e che rischiava la pena di morte: “Sia male!” avrebbe urlato la sera del 27 dicembre per le strade della città “Deve venire il terremoto che scelga le sue vittime, e che ammazzi voi e tutta Messina!”.
Un giovane povero che avrebbe pagato le colpe di un altro proprio perché popolano? La leggenda non lo specifica, ma potrebbe anche essere. Insomma un vero e proprio anatema dettato dalla disperazione di chi era stato tradita dalla propria città, da chi, povera e senza amicizie, si era scontrata inutilmente contro i poteri forti e ristretti di una casta, quella messinese, che non lasciava scampo a chi ne era fuori. Una maledizione contro quella Messina, della quale il terremoto doveva “sceglierne le vittime” e che puntualmente la mattina dopo si verificò. Leggenda, storia o tutt’e due? Spesso alla base di ogni leggenda c’è un fondo di verità.
Il sisma non scelse le sue vittime però: tra i 50 ed i 100 mila morti si contarono tra le due sponde ed il 90 per cento della città di Messina fu distrutta. Poco fu risparmiato e dopo il sisma, le condutture del gas fecero quel che nell’immediatezza non poté il sisma, con incendi e distruzione su distruzione, per poi lasciare spazio al mare che inghiottì chi era ancora rimasto in vita, annegando la speranza. Dopo il sisma un cielo nero di polvere e fumo permeò sulla città per giorni, facendo scomparire il sole. Come il sale cosparso nel 1678 dagli spagnoli sul palazzo senatoriale demolito, così il dolore di una madre per molti fu causa di sventura per una città che ancora oggi, per certi versi possiede ancora profondi sensi di colpa e caste tuttora strutturate che per ingiustizia e malaffare e nepotismo farebbero impallidire quelle dell’epoca. Ingredienti fondamentali perché la “mavaria” , per gran parte del popolo, possa continuare ad essere l’unica arma di cui dispone per opporsi al “sistema”. Una credenza che diventa temibile per chi, tutto sommato, sa che prima o poi la Giustizia divina arriverà.
Così Messina, oggi, dopo 112 anni, come allora e per tutto il tempo a seguire dopo il terremoto del 1908, è divenuta città che “teme” il ritorno del sisma, una città plastica che di quel che si è costruito nei secoli, possiede e riesce a difendere ben poco.
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