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Maltrattamenti Rsa: urla a centenario, ‘che schifo che fai’

- 06/11/2020
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“Maltrattamenti con condotte reiterate ed abituali”. E’ l’accusa mossa dalla Procura di Catania a tre dipendenti della Casa di riposo per anziani San Camillo di Aci Sant’Antonio che, su indagini dei carabinieri, ha portato alla loro sospensione dall’attività per nove mesi e a uno per il titolare della struttura. Anche nei confronti di un centenario costretto a mettersi a letto da solo, mortificato così: “che schifo di persona, che schifo, educazione zero, ora la lascio sulla sedia tutto sporco di pipì, come i porci”.
    Secondo l’accusa non soltanto “non prestavano assistenza agli ospiti, anche a fronte delle loro ripetute richieste d’aiuto”, ma “in diverse occasioni li legavano ai tavoli o ai letti per non farli muovere”, “li lavavano con l’acqua fredda o, per punizione, non li cambiavano a seguito dell’espletamento dei loro bisogni fisiologici o li lasciavano nel letto con le lenzuola sporche”. Inoltre, contesta loro la Procura dopo le indagini dei carabinieri della stazione di Aci Sant’Antonio, “li lavavano con il sapone della lavatrice, deridendoli poi per il loro profumo di “aloe vera”, ” cercavano di “curare la scabbia, come da precise indicazioni del titolare, con semplici impacchi di olio di oliva in luogo della corretta terapia farmacologica” e “somministravano agli ospiti farmaci scaduti”. Avrebbero anche minacciato urlando a un’anziana di ” legarla, lasciarla piena di feci e di non lavarla”, causando il pianto della donna.
    Inoltre, accusa la Procura di Catania, erano soliti “denigrare, mortificare e insultare abitualmente” gli anziani ospiti dicendo loro: “schifoso, sporco, più schifo di te non ce n’è” o “è un ignorante, maleducato, facchino ed uno schifo di persona”.

Anziani nudi lasciati per terra insieme ai loro escrementi, incastrati tra le sbarre di protezione del letto, con vistose ferite e una piaga da decubito in una paziente non adeguatamente curata e conseguentemente peggiorata nel tempo. Sono le foto, sequestrate dai carabinieri, scattate da una dipendente di un casa di riposo che hanno fatto scattare l’inchiesta della Procura di Catania.

A conclusione delle indagini, eseguite tra marzo e giugno 2019, il Gip, accogliendo la richiesta dei Pm, ha disposto il divieto di esercitare l’attività imprenditoriale per 12 mesi per Giovanni Pietro Marchese, 60 anni, amministratore unico della casa di riposo San Camillo di Aci Sant’Antonio, e di esercitare la professione per nove mesi a tre dipendenti della struttura: Giovanna Giuseppina Coco, di 37 anni, e per le 41enni Rosaria Marianna Vasta e Alessandra Di Mauro. Le immagini al centro dell’inchiesta sono state estrapolate dal cellulare della Coco, dopo che era stato sequestrato assieme ad altri apparati dai carabinieri nel luglio del 2019. Controlli eseguiti anche da militari dell’Arma hanno permesso di accertare diverse gravi irregolarità e loro colleghi del Nil hanno trovato anche undici lavoratori utilizzati ‘in nero’, comprese due indagate, la Di Mauro e la Vasta, e alcune di queste deferite in stato di libertà per aver percepito illecitamente il reddito di cittadinanza. Secondo l’accusa il personale avrebbe “maltrattato gli anziani degenti della struttura”, “creato un clima abituale di vessazioni, umiliazioni e mortificazioni”, “disinteressandosi della cura, anche medica, e dell’assistenza degli anziani e delle precarie condizioni igienico-sanitarie della casa di riposo, dove sono stati avvistati dei topi e gli anziani hanno contratto la scabbia, così aggravando lo stato di sofferenza fisica e psichica degli ospitati”.

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