“L’emozione di raggiungere la vetta dell’Etna è stata indescrivibile. Non me l’aspettavo davvero. Le lacrime di commozione erano il segno del senso di liberazione provato. Un’emozione unica nel suo genere. Qualsiasi esperienza sportiva o di altro tipo è incomparabile”.
A parlare è Valerio Messina, 16 anni, uno dei quattro giovani non vedenti provenienti da varie province siciliane che hanno raggiunto, accompagnati da volontari e guide, la sommità dell’Etna grazie a un progetto nazionale dell’ Irifor per colmare, dopo il lockdown, il deficit di esperienze e socializzazione dei ragazzi ciechi.
“Collegato all’Unione italiana dei ciechi e degli ipovedenti onlus – ha spiegato il presidente siciliano Gaetano Minincleri, che presiede anche l’Irifor – abbiamo appunto questo istituto nato soprattutto per perseguire la ricerca sui non vedenti, ma anche la formazione per l’avviamento al lavoro dei disabili visivi e la loro riabilitazione. Proprio dall’Irifor è stato finanziato il progetto nazionale ‘Gioco la mia parte’, che si sta rivelando di grande importanza per colmare il deficit di esperienze e socializzazione dopo il lockdown e il distanziamento sociale causati dal coronavirus. Il lungo periodo in cui i nostri ragazzi sono rimasti chiusi in casa ha infatti creato dei problemi di adattamento”.
Sul vulcano attivo più alto d’Europa insieme con Valerio sono riusciti. a salire altri tre ragazzi non vedenti: Carmelo Colletta e Matteo Panebianco, entrambi di 15, e Francesco Licandro, di 13. A guidare il drappello il responsabile del Centro di consulenza tiflodidattica di Catania Nando Sutera, che ha coordinato le attività progettuali per la Sicilia con i colleghi di Agrigento Gioacchino Di Gloria e di Palermo Maria Concetta Cusimano.
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