Oltre le parole grosse ed i toni che si sono alzati c’è un fuoco che arde potente sotto la cenere e che non sta facendo bene alla manifestazione storica più importante di Messina . La Vara in effetti non merita questi “stracci” lanciati in aria pubblicamente e gli eventuali “sassi” che a turno ci si vuol togliere dalle scarpe. Ecco forse perché la Vara si tira a piedi nudi, nel giorno in cui tutti si è uguali al cospetto della Madonna Assunta.
La Vara non piace a molti, diciamoci la verità: sono in molti i perbenisti, troppi i radical chic che senza averla mai vista l’hanno sempre osteggiata e criticata, marchiandola di un marchio di infamia che per chi non la conosce, la manifestazione, appunto, la fa “odorare di mafia e criminalità“. Ecco perché era importante la seduta di oggi, in Commissione Cultura, chiesta dal Movimento 5 Stelle, dal vice presidente della Quarta Municipalità, Renato Coletta, dalla consigliera comunale Cristina Cannistrà,. Doveva essere un’occasione per smaltire la rabbia, per ammorbidire i toni, per fare passi indietro rispetto a posizioni, come quella del comunicato stampa assessoriale che ribadiva la paternità esclusiva della manifestazione in capo al Comune, che hanno creato gli attriti che oggi invece di smorzarsi si sono acuiti.
Franz Riccobono e Nino Di Bernardo, soprattutto, insieme anche a Marco Grassi, sono stati da sempre, per chi conosce i fatti della Vara, i veri fautori, gli eroici intermediari tra la pesante macchina amministrativa comunale fatta da dirigenti non sempre solerti e la cittadinanza, passando per altri uffici non sempre, anzi mai, semplici, come quelli della Curia Messinese, che rimane oggi in completo e religioso silenzio.
Di Bernardo soprattutto è stato quello che ha passato mesi al telefono, ad ogni edizione, per far si che si incontrassero il Comune, la cittadinanza, le Forze dell’ordine, i Vigili del Fuoco e soprattutto gli sponsor e rendere così possibile la Vara a Messina. Questo l’assessore Caruso non può dimenticarlo, o magari non lo sa, ma è bene farglielo sapere.
Dopo decenni di sostegno, ed anche di più, organizzativo della Vara, dopo che questi uomini del Comitato, anche se non legalmente costituito, si sono sempre presi TUTTE le responsabilità dal momento in cui si cominciava ad organizzare a febbraio di ogni anno, fino all’ultimo fischio nel momento in cui la Vara si fermava davanti al portone principale del Duomo di Messina, non possono essere burocraticamente con un comunicato stampa dell’assessore Caruso. Ecco i fatti che oggi dovevano emergere e che in effetti stavano per emergere, fino all’inciampo di Riccobono. Questo è giunto, l’insulto, in un momento in cui l’assessore Minutoli, a proposito di responsabilità riconosciute e comunicate alla Questura, stava per ammettere che erano state fornite già l’anno scorso con i nomi di capi vara, capi corda e sbandieratori. Perché sono loro i veri nocchieri di questa macchina che miracolosamente ogni anno è giunta e giunge a piazza Duomo, sfilando tra ali di persone, senza sterzo e senza freno, ma soprattutto senza incidenti. Far fuori il Comitato Vara storico, come dimenticarsi di chi la Vara la monta e la prepara, significa mettere a rischio la comunità intera.
Così come oggi è solo affiorato un altro punto: un assessore che ama la Vara e che se non la ama la rispetta in ossequio al diritto di quella parte di cittadini che la attende tutto l’anno, non può, sapendo già da febbrario che non si sarebbe potuta tenere quest’anno a causa del Covid, non organizzare nessun evento alternativo che possa soddisfare questa gravissima mancanza della Vara 2020. Questo, anche questo, è un insulto, forse più grave di quello sfuggito a Riccobono nei confronti dell’assessore Minutoli. Un insulto alla tradizione popolare fra le più antiche della città di Messina che ha il pregio di rendere per un giorno Messina più grande di quel che purtroppo dimostra di essere negli altri 364 giorni dell’anno.