«Lei non sa chi sono io, gliela farò pagare». E’ costata cara questa frase proferita dal giudice Maria Fascetto Sivillo al responsabile ennese di Riscossione Sicilia che non voleva cancellare le cartelle esattoriali a suo nome. Il magistrato che era in servizio presso la sesta sezione civile del Tribunale di Catania è stata condannata ieri a tre anni di reclusione, al risarcimento provvisionale in via immediata di 20 mila euro a favore di Riscossione Sicilia, costituitasi parte civile e, come richiesto dallo stesso Ministro della Giustizia Bonafede, anche e soprattutto alla interdizione in perpetuo dai pubblici uffici e la risoluzione del contratto con il Ministero. Insomma un sostanziale e definitivo allontanamento dalla sua funzione di giudice. Una sentenza durissima quella di ieri in primo grado. La giudice Sivillo parla di “macchinazione a suo carico“, ma il tribunale è stato inflessibile accogliendo le richieste del PM Francesco Massara.
Il gip, nel decreto che disponeva il giudizio, sostenne che la Fascetto «abusando della sua qualità e dei suoi poteri, compiva più atti idonei e diretti in modo non equivoco a costringere funzionari di Riscossione Sicilia Spa alla cancellazione di procedure esecutive contro di lei intentate». Essendo «debitore esecutato», dopo l’atto di pignoramento del 27 marzo 2009 il magistato telefonava a Fabio Maria Sutera, all’epoca alla guida della sede di Enna «chiedendo quale magistrato la cancellazione della procedura». Ma lui si rifiutò.
Da una nota del presidente del Tribunale di Catania, del 18 ottobre 2016, si evince che sul ruolo del giudice Fascetto risultavano «molteplici procedimenti in cui era parte Riscossione Sicilia», in violazione dell’obbligo di astensione del magistrato «nel caso di rapporto di debito di una delle due parti». Il magistrato-debitrice, continuava dunque a occuparsi, in veste di giudice dell’esecuzione, di procedimenti sulla società esattoriale. E non solo: Fascetto «in pubblica udienza», scrive il gip , «apostrofava quali incompetenti i procuratori speciali di Riscossione Sicilia facendo loro presente di avere subite delle procedure viziate». E poi adottava «plurimi provvedimenti pregiudizievoli per la società» fra i quali «estromissioni di Riscossione Sicilia da procedure esecutive (…) adducendo la assenza di titolo esecutivo idoneo a legittimare l’intervento, nonostante in casi analoghi provvedimento dello stesso tenore fosse stato annullato dal collegio». “Insomma, gliela faceva pagare. Cara, come nella condanna di Riscossione Sicilia: 100mila euro, dichiarando la nullità di una procedura esecutiva per impignorabilità dei beni; provvedimento poi sospeso in Appello. Per il gip «tutti comportamenti aventi il fine di ottenere la cancellazione delle procedure esecutive contro di lei intentate» ” scrive sulla “Colpevole di ingiustizia”, la pagina Facebook che tra le prime trattò il caso della Fascetto Sivillo.
Maria Fascetto Sivillo è stata difesa dall’avvocato Carlo Taormina.
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