Messina, 19 aprile 2020 – di Giuseppe Bevacqua
Bisogna far ripartire un’economia congelata dal mese di marzo. Città economicamente ferme e con nuove povertà incipienti, già messe in ginocchio dalla crisi del pre Coronavirus.
Il nemico è ancora sul territorio e non sembra voler andar via. Secondo medici e scienziati, anzi, intende mettere le radici e costringerci a convivere con esso. Se questo è vero, così come lo è già stato per la febbre suina, per l’aviaria, per l’asiatica e per tante altre malattie, significa che la nostra vita cambierà radicalmente, almeno finché non verrà messo a punto un vaccino a grande diffusione che ridurrà anche questo virus alla stregua di tutte le altre malattie virali conosciute.
Ma nel frattempo? Il Governo è indeciso e studia il “come” riaprire prima che decidere il “quando”. Servono linee guida certe e condivise, un “sistema” di sicurezza anti contagio che non faccia regredire la situazione attuale di contenimento ad una nuova epidemia, letale e mortale come quella già vissuta. Fanno paura le 27 mila vittime della Lombardia, un numero esorbitante drammaticamente sommatosi in soli tre mesi di epidemia, che se raffrontate, come fatto ieri da Domenico Arcuri, commissario straordinario per l’emergenza coronavirus, a quei 2.000 morti di 5 anni di seconda guerra mondiale nello stesso territorio, fanno impallidire. Così come impensieriscono e non possono far sciogliere il nodo riapertura la media di 500 morti al giorno che ancora freddamente ed impietosamente la Protezione Civile di Borrelli annota giornalmente.
Ma la sensazione è che sindacati, Confindustria, imprese ed industrie stiano facendo un pressing assoluto perché il Governo lo sciolga il nodo della ripartenza, vittime o non vittime. Il denaro conta forse di più.
Ed allora eccolo di nuovo il quesito principale: “COME” ripartire? Se lo chiedono le industrie che devono riorganizzare le loro linee di produzione e gli spazi di convivenza dei loro operai, che devono ripensare i turni di lavoro, forse anche gli imballaggi ed il modo di fare “mercato”. Se lo chiedono anche i piccoli imprenditori, come quelli messinesi: come riaprire un bar, un ristorante, una pizzeria? Come poter gestire in locali divenuti improvvisamente “piccoli” le distanze interpersonali? Ed una volta trovato un modo, i numeri che ne verranno, costretti dalle misure anti contagio, permetteranno a queste imprese di resistere alla morsa di tasse e contributi, affitti e costi fissi, di sopravvivere?
Teatri, cinema, discoteche, pub, insomma i locali di aggregazione per eccellenza? Anche per loro l’interrogativo rimane “COME” poter riaprire. C’è un mondo di attori, compagnie teatrali, cantanti, musicisti ed operatori dello spettacolo dei quali non si parla ma che ad oggi non sanno davvero come vivere, dopo aver scelto di vivere di ciò per cui spendono il proprio talento. Per loro, e per noi, spettatori, come cambierà?
Ed i lidi? A Messina, è risaputo, le spiagge sono in via di estinzione. Pertanto gli spazi si contrarranno ancora di più con le misure di distanziamento anti contagio. Lidi balneari che da 100 posti si ridurranno a 50/40 posti, potranno essere economicamente capaci di pagare anche le tasse ed onorare i costi? Quanta manodopera stagionale in meno verrà assunta?
Il Governo è a questo che deve rispondere, sia a livello nazionale che ragionale, che locale. Non basta dire, come ieri ha fatto il Presidente della Regione Sicilia, Nello Musumeci, “I Lidi si possono riorganizzare”, bisogna dire loro COME farlo. E come lo Stato può sostenerli.
La pressione fiscale già comprimeva il settore economico del commercio e dell’artigianato in modo soffocante, unito adesso al carico delle misure anti contagio che ne ridurrà ancora di più gli spazi utilizzabili e, dunque, i ricavi, potrebbe essere la pietra tombale su ogni speranza di ripresa. Che fare, dunque? Tagliare la politica? Riforma fiscale? Aiuti alle imprese? Se tali aiuti sono come quelli di cui finora si è solo parlato ma dei quali non è arrivato un euro in tasca ad imprenditori che adesso devono anche pagare le tasse… allora la ripresa sarà affondata ancor prima di ripartire, e non dal coronavirus.
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