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Ordine dei Medici: mascherine anti contagio solo P2 o P3. Altre non efficaci

- 27/03/2020

Messina, 27 marzo 2020

La possibilità di infezione è possibile solo attraverso il trasferimento di materiale organico da uomo a uomo. Una goccia di saliva (dopo un colpo di tosse o uno starnuto) potrebbe essere proiettata involontariamente verso un individuo troppo vicino (con uno starnuto fino a 4 metri) o verso superfici che poi vengono in contatto sulle mani (maniglie, ad esempio).

Come si realizza l’infezione? Teniamo comunque conto che la carica virale è potenzialmente infettante in funzione della sua quantità virale che più è numerosa, più è pericolosa. Inoltre bisogna tenere presente anche della capacità reattiva del sistema immunitario dell’infettato.

Ecco perché la corsa verso i Dispositivi di Protezione (guanti e mascherine). Esistono in commercio Semimaschere filtranti antipolvere che, munite di filtri di protezione per bocca, naso e mento. Si suddividono in tre classi in funzione dell’efficienza filtrante: FFP1, FFP2 e FFP3. Le lettere FF sono l’acronimo di “Facciale Filtrante”, P indica la “protezione dalla Polvere”, mentre i numeri 1, 2, 3 individuano il livello crescente di protezione (bassa > 80%, media > 94% e alta > 99%). In presenza di contaminazioni elevate o di agenti biologici estremamente pericolosi potrebbe essere necessario isolare completamente l’operatore dall’ambiente esterno impiegando maschere particolari collegate ad autorespiratori che forniscono aria diversa da quella dell’ambiente di lavoro.

Le attività sanitarie con rischio di contagio necessitano di maschere intere con protezione P2, aventi capacità filtrante pari almeno al 95%, perdita di tenuta non superiore al 10% ed efficienza di filtrazione dei microrganismi del 94%. Nell’esecuzione di particolari procedure assistenziali che possono aumentare il rischio di dispersione nell’aria di secrezioni respiratorie (es. broncoscopie, aerosolterapie) è raccomandabile dotarsi di protezioni aventi efficienza filtrante P3.

Ma qual è la durata di utilizzo di un filtro? È variabile e dipende dalla sua capacità di assorbimento o filtrazione, dalla concentrazione dei contaminanti, dal ritmo respiratorio dell’utilizzatore, dalla temperatura e dall’igrometria atmosferica. La maschera è satura quando indossandola si sente un odore sgradevole.

Non sono DPI le “mascherine chirurgiche” o “igieniche” sprovviste di filtro di cui alla norma UNI EN 14683, comunemente impiegate in ambito sanitario e nell’industria alimentare. Queste infatti appartengono alla categoria dei dispositivi medici e non proteggono l’operatore, bensì il paziente o l’alimento dalle possibili contaminazioni.