Messina, 4 marzo 2020
L’indagine che oggi ha dato luogo all’Operazione Scipione e che ha permesso l’arresto di 19 arresti per traffico di droga tra la Calabria e Messina, con una deriva anche sui Nebrodi, parte dal ferimento di Carmelo Irrera in data 26 aprile 2016. Vengono poste così telecamere di sorveglianza nell’area antistante il locale denominato “Il Panino”, sito in via Cesare Battisti n. 79 e gestito dalla famiglia Albarino. Questa attività commerciale all’apparenza “normale” diventa un vero e proprio luogo di incontri tra gli indagati nonché luogo di scambio di forniture concordate di stupefacente con i sodali calabresi. Vere e prorpie consegne “a domicilio” da parte di Salvatore Favasuli e di Giovanni Morabito (nipote del Morabito più famoso inteso “tiradrittu).
LA DINAMICA DEGLI INCONTRI
Gli incontri volti alla consegna o al concordare dei quantitativi da consegnare si svolgevano secondo uno schema ben preciso: sia i calabresi che i messinesi sodali tra loro facevano finta di non conoscersi, si ignoravano aperrtamente mentre si trovavano sulla pubblica via. Facevano così ingresso coem fossero normali avventori separatamente ed in momenti diversi. Solo l’intercettazione ambientale svelava la sussistenza di un incontro e l’oggetto delle contrattazioni. Tali incontri avvenivano senza preavviso telefonico con l’Albarino o con altri a lui vicini o coindagati. Insomma un sistema di estrema prudenza era stato adottato dagli indagati.
I contatti, viene poi scoperto dagli investigatori, che avvenivano non solo con l’Albarino Angelo ma anche con Selvaggio Giuseppe, con Salvatore Santo, poi deceduto in data 30 maggio del 2019, e con Duca Alessandro. Incontri questi spesso animati da particolare fibrillazione del Selvaggio che nei momenti immediatamente precedenti all’incontro e già, in alcuni casi, qualche giorno prima, si dava particolarmente da fare per mettere insieme il denaro da consegnare ai calabresi. Selvaggio aveva accumulato debiti con la cosca di Africo Nuovo tra i 40 ed i 90 mila euro.
In molte occasioni documentate dagli inquirenti l’ALbarino giungeva presso la paninoteca a bordo del suo ciclomotore per poi entrare nel locale ignorando completamente il Favasuli che era già sul posto. Dopo qualche minuto usciva dal locale per sedersi nelle sedie antistanti sulla pubblica via guardandosi intorno come se attendesse qualcuno, per poi dirigersi in via San Filippo Bianchi, dove poco dopo lo raggiungeva il Favasuli. Nella stessa via lo raggiungevano anche il Pirrotta Rinaldo ed il Salvatore Santo, mostrando di conoscere bene il punto dell’incontro sito nella via attigua al locale “Il Panino”.
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