Messina, 9 dicembre – di Giuseppe Bevacqua, foto di Alessio Villari
Ho atteso prima di scrivere della morte del collega Ubaldo Smeriglio, perché la sua morte a 55 anni mi ha preso alla sprovvista. Non sapevo del suo tumore anche se ci conoscevamo da molto tempo. Non sempre in accordo, io ed Ubaldo, non sempre vicini. Ma il mio rispetto per chi ha combattutto davvero per una passione che è stata la professione è qualcosa che non è mai stato messo in discussione. Ubaldo “scrittore maledetto“, qualcuno ha scritto. Ubaldo “persona buona” qualcun altro. Era un professionista indiscusso, di quelli che sigaretta in bocca scrivono su una macchina da scrivere alla luce di una lampada da studio. Abbiamo condiviso qualche avventura editoriale ed anche qualche disavventura e da lì i disaccordi. Ma la sua integrità ed il suo abituale “dirlo in faccia” è il dono di lui che porto con me. Scrittore, giornalista mai accomadante e sempre diretto, addetto stampa senza fronzoli. “La morte puttana profuma di zagara” era il titolo di uno dei suoi racconti inserito in un’antologia di scrittori siciliani, “Verso Tindari, dicei racconti a teatro“. Un titolo che forse meglio esplicita il rapporto di Ubaldo con la vita e con la morte.