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“L’odio sociale e la propaganda di Cateno De Luca” secondo Currò del Circolo “P. Impastato”

- 19/11/2019
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Dall’autista dell’ATM “denunciato” dalla cittadina solo perché fermo al capolinea, fino al piede di porco al palazzo Comunale

Messina, 19 novembre

Una disamina dei fatti “mediatici” e della strategia comunicazionale del Sindaco di Messina, che con l’utilizzo quotidiano dei social come mezzo di collegamento con i suoi sostenitori, ha cambiato la politica messinese.

Penso che De Luca fondamentalmente custodisca una grossa riserva di odio. Se ne serve puntualmente: è il suo carburante politico e in alcune fasi della sua attività lo impiega come accelerante per raggiungere picchi di fiammate populiste e scenografiche.

Si supera di giorno in giorno spostando sempre più avanti l’asticella del reale, del plausibile. 

Pensi ingenuamente che alcuni limiti siano invalicabili, anche soltanto per pudore istituzionale, ma puntualmente ti senti sconfessato.

L’altro ieri, oltre l’inimmaginabile, il Sindaco ha infamato un autista dell’ATM attraverso un video inoltratogli da una cittadina, la quale, saltando a conclusioni affrettate, ha ripreso il lavoratore fermo per strada col telefono in mano, e ha pensato che stesse interrompendo il servizio pubblico per stare su fb.

Dannazione, era al capolinea, per questo era fermo!

Ma non importa la verità, importa estrarre da qualsiasi cosa, anche da una bugia, consenso sociale, restituendo grumi di odio di classe. Qualcuno potrebbe obiettare che siamo davanti ad un errore, ad un’inavvedutezza; No! Questa purtroppo è la regola: decine di episodi sostengono tale tesi.  Per questi cittadini provo pena. Hanno creduto di adempiere il loro dovere civile attraverso lo strumento della delazione servito da questa Amministrazione con un numero per “segnalazioni”.

Il Sindaco, peggio, non ha verificato la questione ed ha preferito schizzare fango nel volto del lavoratore. Francamente è inaccettabile e gravissimo sotto molteplici profili.

Anche il video col piede di porco nell’ufficio anagrafe ha confermato puntualmente il suo odio nei confronti dei lavoratori. Col suo intervento deciso e muscolare, da uomo duro, avrebbe dovuto scardinare le porte dell’ufficio che non lavorava e produceva e conquistare così il certificato che un cittadino agognava da giorni. Ma il nostro eroe è arrivato tardi: col piede di porco sulla spalla non gli è rimasto che accettare i tempi per il ripristino di un macchinario. Il funzionario si era addirittura offerto col cittadino di produrre il documento in Prefettura. Insomma, avevano già provveduto, ma l’importante era dimostrare che con autorità si ottiene tutto per i messinesi.

Vorrei precisare che a volte in altre scenette, come quella con gli studenti, col tamburello ed altre, mi è stato simpatico, emerge una sua vena ironica che ritengo salutare.

Ma queste sono purtroppo eccezioni. Sono aspetti secondari per una valutazione politica. Sul piano politico l’approccio spettacolarizzante delle questioni diviene esso stesso l’obiettivo ultimo. Il gradimento social rappresenta una sua pulsione irrefrenabile da utilizzare anche come strumento di lettura del consenso sociale e dell’umore elettorale. La miscela tra toni autoritari, preconcetti, congetture, drammatizzazione ed enfatizzazione, sposta il discorso politico dal piano razionale a quello emotivo, irrazionale e soprattutto immediato, ottenendo un prodotto comunicativo iper semplificato. Intensificazione dei sentimenti e degradazione dei significati direbbe il sociologo dei media Lippmann.

L’efficacia comunicativa però ha un costo, un costo sociale. Si ciba di vittime sacrificali (ultimamente i lavoratori) facendo leva, senza scrupoli, su stereotipi sociali (i dipendenti pubblici lavativi, i sindacati venduti, i migranti che sporcano ecc) resi sempre più plausibili attraverso l’utilizzo strumentale da parte della politica. Si deve incanalare il disagio diffuso verso un nemico di turno, un folk devil, ed è questo il lavoro che sa fare meglio. 

In fondo non interessano i contenuti delle affermazioni: i video, i post, le dichiarazioni, preludono, per inferenza errata, alla verità e al raggiungimento automatico dell’obiettivo. Insomma il sindaco in quanto potere dice la verità. E questo, in fondo, ciò che significa vivere in un regime di “post-truth”, di post-verità.   

Non importa la vittoria della partita, ma basta la coreografia prima del fischio d’inizio.

Il suo temperamento emotivo, le sfuriate improvvise, riconosciuti da egli stesso sia come tratto caratteriale irrinunciabile sia come problema, sono tutto sommato elementi utili per governare la città. Si posano in maniera liminare sul piano dell’immediatezza, dell’urgenza, rafforzando lo strumento dell’ordinanza spesso impiegato. Utilizza classiche politiche di contenimento delle tensioni e riduzione dei conflitti finalizzate sostanzialmente a guadagnare tempo, ottenere consenso veloce e spostare più avanti il problema.

I guai delle persone reclamano attenzione e cura: gli atti d’urgenza, o parimenti gli atti amministrativi dettati da presunta emergenza, ottengono un consenso ed una fiducia maggiore rafforzando chi amministra. I poteri speciali tanto invocati sembrerebbero la soluzione a tutto. Pensiamo all’espressione spesso usata dal Sindaco: “Sbrighiamoci a risolvere questi problemi con la massima celerità e urgenza perché le persone non ce la fanno più, non possono aspettare”. Chiunque riceva questa dose d’attenzione ed “empatia” accetterebbe qualsiasi soluzione propinata. L’espressione infine: “Fatemi lavorare e risolveremo tutto” incassa una indiscussa fiducia, come già l’esperienza comunicativa di Berlusconi ha mostrato.

Su questo piano, anche se la ricompensa emotiva e politica è immediata, questa condotta rischia di fare danno sia all’Amministratore, ma soprattutto al cittadino. La compressione temporale e qualitativa dell’atto amministrativo ottiene apparentemente tre risultati immediati: l’accantonamento del problema (che consente dedicarsi ad altro), la gratifica da parte del cittadino e più risultati da sbandierare.

Riassegnare significati ai soggetti e agli oggetti dentro questi processi, disarticolare la narrazione tossica e contagiosa e proporre altri modelli, prevedono un grosso sforzo politico. De Luca va sfidato su questo piano. Occorre lavorare sul senso comune diffuso, consci del fatto che è un lavoro lungo ed impegnativo che non porterà a risultati nel breve termine.

I blitz sono un déjà-vu sul piano politico e storico. Storia già vista, metodi sperimentati sulla pelle di tanti cittadini in Italia e non solo. Come mostra una letteratura internazionale sterminata, essi sono il prodotto di un tempo: archetipi politici, creati nei laboratori neoliberisti, col compito di verticalizzare sempre di più la società, cancellare ogni ideale e indebolire i corpi intermedi sociali deputati alla vita popolare e democratica. L’uomo forte solo al comando con queste caratteristiche, non ci rievoca nulla di nuovo, ma accende una spia. De Luca fa il suo lavoro con modelli politici e sociali ben precisi, e lo fa bene. Siamo noi, gli oppositori, a dover fare il nostro di lavoro. Parlo di De Luca, ma intendo in realtà un sistema entro il quale questo sindaco trova un incastro perfetto. La sua identità, con i suoi tratti distintivi, sono il precipitato politico di questa fase storica connotata dall’avanzamento delle destre reazionarie e populiste. Rappresenta un modello gerarchico e intimamente autoreferenziale: un tribunale verificatore, esempio di verità e di indubitabilità. Non può essere messo in discussione!

Riappropriamoci quindi dei significati: De Luca in cerca di mendicanti e di notte, in cerca di prostitute guardando dal buco della serratura delle case d’appuntamenti, non sta facendo “trasparenza”, ma realizza battute di caccia. È in cerca di bottini, trofei da appendere sul muro della sua pagina social come un cacciatore, stuzzicando la curiosità dei cittadini.

Per lui il Comune non è un’istituzione con pesi e contrappesi politici ed una macchina amministrativa fatta da lavoratori. No! È per lui un’azienda personale, si muove con atteggiamenti aziendalisti, come un datore di lavoro. Per proprietà transitiva gli impiegati pubblici comunali e delle società diventano i suoi dipendenti da licenziare ad nutum oppure, nella sua versione personale, calcibus!

I cittadini quindi si trasformano in pubblico; ossia in followers che vengono coinvolti secondo le sue regole di trasparenza o autotrasparenza.

Nostro malgrado l’effetto prodotto da alcuni video in cui (come afferma) “si documenta in modo oggettivo e realistico […] espandendo la conoscenza di ambienti e attività a tutti coloro che vogliano fare un atto di presa di coscienza”, sortisce risultati diametralmente opposti, trasformandosi in molti casi nella spersonalizzazione del sanzionato e in più scompare dai radar la politica, quella strutturale, per lasciare il campo alla politica dei dispositivi estetici.

 Nel caso dei blitz notturni proprio perché non si vuole risolvere i problemi alla radice, la scelta più facile e “visibile” è toglierli dalla vista. Ma francamente, ce lo vedete De Luca, sensibile al tema della mercificazione del corpo donna, che si preoccupa della prostituta vittima di sfruttamento? Ve lo immaginate che convoca tempestivamente gli assessori al ramo per organizzare un programma di assistenza e integrazione sociale, magari agitando tra le mani il testo unico sull’immigrazione? Credo di no, ma dopo le varie lettere recapitategli, sarà più attento e sensibile, sono ottimista.

Di trasparente nei suoi blitz c’è la gabbia di vetro in cui esibisce le malcapitate vittime dei suoi seguaci, i quali si divertono, incoraggiati dall’ospitalità del Sindaco nella sua pagina Fb, a rivolgere verso di esse le attenzioni più schifose senza che i gestori della pagina intervengano per censurare. Il tutto condito da continui discorsi auto-encomiastici, da interminabili fumisterie e da intimidazioni velate e manifeste. Si passa da: “vedi che so chi sei e di chi sei figlio” a “vi prendo a calci in culo” (soprattutto i lavoratori).  Sul finire della scorsa settimana, a tal proposito, il sindaco ha accusato alcuni vigili, ormai corpo al suo servizio, di farsi bocciare agli esami per acquisire la patente di servizio al fine di evitare lo svolgimento di certi turni ed attività, per poi minacciarli pubblicamente con la sua proverbiale minaccia di prenderli a calci in culo. Dove è andata finire il rispetto delle Istituzioni tanto decantato? Rispetto a geometria variabile?!

Per istinto i cittadini, di cui tanti con difficoltà economiche sulle spalle, in questi casi giudicano i Vigili con disprezzo applicando massime  come quella secondo cui “Chi ha i denti non ha il pane e chi ha il pane non ha i denti”. Siamo, insomma, dinanzi a un gioco culturale complesso in cui motivi legalitari e temi anti-legalitari si sovrappongono e confondono.

Come si è detto, non importa se i fatti di cui si parla siano verificabili. Il solo fatto che sia il Sindaco ad enunciarli equivale ad una verità. Le persone tendono a credere ad un’autorità: si scatenano nei social e attraverso “scorciatoie mentali” battezzano come vero qualsiasi postulato, qualsiasi affermazione. Lui lo sa bene e lo sperimenta giornalmente con piacere. Pertanto a volte basta una “spintarella”: nei suoi racconti coglie il momento opportuno e confonde i temi del giorno con i cliché sociali di sottofondo, ed il gioco è fatto.  

Però nel personaggio c’è anche tanto amore, bisogna riconoscerlo. Lui ama profondamente sé stesso, così tanto, da non avere una scorta di sentimento per amare sinceramente la città e i messinesi. Qualcuno mi darà dell’ingeneroso, ricordandomi per esempio le venti ore al giorno di lavoro, le scorrazzate notturne da giustiziere della notte a detrimento del riposo e le dichiarazioni d’amore per Messina. E questi non sono atti d’amore? Cialdini lo chiamerebbe altruismo egoistico. E se tutti noi siamo in qualche modo dentro questa dinamica, penso che il nostro sindaco attore-protagonista/sceneggiatore e selfie-dipendente, teso alla  ricerca spasmodica di appagamento personale, sia la dimostrazione più autentica.

Però il Sindaco non è un extraterrestre e non esprime qualcosa di mai visto e vissuto. Anzi, con sue peculiarità e varianti, come accennavo, è secondo me il modello politico più compatibile con questa modernità e con questa politica.

Siamo in una fase in cui si perfezionano molto le misure e i provvedimenti amministrativi che enfatizzano il ruolo dei sindaci, prefetti e questori, insieme al ricorso a mezzi di tipo “tecnico”, urgenti, di facile impiego e di rapida attuazione. Sicurezza e decoro sono i due principi sovraordinati per De Luca, e tendenzialmente molto utili per i Sindaci e per la loro efficacia ammnistrativa.

Come analizza magistralmente Carmen Pisanello la sicurezza ed anche il decoro sono una specie di mantra continuamente e ripetutamente invocati per giustificare e legittimare il disegno di un ordine sociale selettivo ed escludente.

Il punto, però, è quanta di questa selettività ed esclusività sia tollerabile. E quante divisioni possa sostenere una società prima di dissolversi di fatto, diventando così non più uno spazio comune di aggregazione, ma una società di “nicchie” tenute insieme solo dalla paura e dal rancore. Ma anche divise da questi ultimi. Divisi, cioè, proprie da quelle paure e da quei rancori che cambiano continuamente cause e bersagli, finendo col restringere, un giorno dopo l’altro, in modo strisciante e invisibile, i diritti e quelle forme di solidarietà che hanno reso lo Stato moderno un soggetto legittimato e un fine verso cui tendere”.

Antonio Currò Segretario Circolo P. Impastato PRC Messina