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Terzo Livello: il “comitato d’affari” è solo al primo grado. In attesa delle motivazioni.

- 23/10/2019
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Messina, 23 ottobre

Primo grado ma condanna pesantissima. Quel che si attende adesso è la pubblicazioni della motivazione della sentenza che hanno prodotto la decisione del Presidente della Corte del Tribunale, dottoressa Letteria Silipigni ad andare oltre alle richieste di condanna formulate dello stesso PM Monaco che per la Barrile, ex presidente del Consiglio Comunale di Messina in epoca accorintiana, aveva chiesto 6 anni e 6 mesi. Il giudice Letteria Silipigni ha invece inflitto ben 8 anni e 3 mesi ad Emilia Barrile. Pene severe anche per gli altri imputati dell’inchiesta denominata Terzo Livello, che come disse all’epoca il Capo centro operativo della Direzione Investigativa Antimafia di Catania, definì un “comitato d’affari” volto a favorire il politico di turno. Dall’atm fino all’AMAM passando per il Comune di Messina con nomi anche eccellenti che entrano e qualcuno anche esce dal processo principale chiusosi ieri.

Assolta invece a gennaio scorso Angela Costa, ex collaboratrice della FIRE di Bommarito ed anche amministratore della cooperativa Peloritana Servizi riconducibile ad Emilia Barrile.

I reati per i quali ieri si è andati a sentenza nello specifico erano: Associazione per delinquere, traffico di influenze illecite, turbata libertà del procedimento di scelta del contribuente, accesso abusivo ad un sistema informatico, trasferimento fraudolento di valori e ricettazione.

In particolare per ciò che attiene la Barrile il Tribunale in fase di chiusura delle indagini aveva scritto che la ex presidente del Consiglio Comunale di Messina “in più occasioni, in qualità di pubblico ufficiale, quale Presidente del Consiglio comunale di Messina, sfruttando relazioni esistenti con altri pubblici ufficiali o incaricati di pubblico servizio accettava dai Pernicone, la promessa, per sé o per altri, di utilità economiche, come prezzo della propria mediazione illecita, per compiere o avere compiuto atti contrari ai doveri di ufficio (in violazione, tra l’altro, dei doveri di imparzialità, correttezza ed autonomia), ponendo il suo ruolo e la sua influenza a disposizione del privato”.

Si chiude così solo il primo grado del processo. Dopo il deposito delle motivazioni della sentenza certamente gli avvocati dei condannati potranno proporre appello.